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1977 - Oscar [Academy Awards] - Miglior film
1977 - David di Donatello - Miglior attore straniero - Sylvester Stallone
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Grande classico della boxe! Particolarmente bello il ruolo dell'anziano allenatore dai modi burberi.
Stallone per la sceneggiatura di questo film s'ispirò all'incontro di boxe tra Muhammad Ali e Wepner. Ne esce un'opera fortemente iconografica, cult di genere. Imperdibile.
La parabola di Rocky è di certo molto più favolistica di altri film del genere come Toro scatenato di Scorsese o Million Dollar Baby di Eastwood, ma mette il pubblico nelle condizioni di potersi immedesimare perfettamente nei personaggi. Il sogno americano viene tradotto in pellicola mantenendo però quel sapore di onesta spontaneità che lo riscatta, facendone un trionfo di sentimenti, molto hollywoodiano, certo, ma anche decisamente emozionante. Accompagnato dalla perfetta colonna sonora di Bill Conti, Rocky, sia dal punto di vista produttivo che narrativo, è una straordinaria storia d’amore, di riscatto personale e di resurrezione. I personaggi sono tutti ottimamente caratterizzati. L’ispirazione per il protagonista viene certamente da quel mix perfetto di virilità ignorante, fascino e sensibilità che aveva caratterizzato il Terry Malloy di Marlon Brando in Fronte del Porto. La messa in scena è perfetta, grazie soprattutto alla mano invisibile di Avildsen che consegnerà alla storia le tipiche sequenze di allenamento del campione e un rivoluzionario sistema di ammortizzazione della macchina da presa che diventerà famoso l’anno dopo con il nome di Steadicam. A distanza di quarant’anni, Rocky, non ha perso un briciolo del suo smalto, della sua efficacia e continua ad essere un punto di riferimento per qualunque cineasta si accinga a girare una storia dal gusto sportivo e romantico. Nell’ultima scena Adriana sale sul ring, i due si abbracciano, l’obbiettivo stringe sul volto di Rocky, rallenty, fermo immagine e lo spettatore si dimentica all’istante chi è il vero vincitore del match. Questo è il trionfo del film, prendere un perdente e farlo vincere proprio nel momento in cui perde, grazie a quel “ti amo” urlato per la prima volta in mezzo alla confusione e all’euforia generale.
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