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Rispetto al Trattato, qui nella Ricerca il linguaggio si fa più fresco e meno cupo. Tutto è più moderato, lo scetticismo riprende il suo respiro anti-dogmatico. Rispetto a una filosofia astrusa e metafisica o a una superficiale e retorica, la via da seguire è quella riflessione che sa andare in profondità ma attenendosi all’esperienza. Ribadito che ogni idea deriva dalle impressioni, Hume approfondisce la critica al concetto di causalità se usato come principio conoscitivo. Dall’analisi dell’oggetto A non vi è alcuna caratteristica da cui si possa inferire che sia la causa o l’effetto dell’oggetto B. Resta l’abitudine sedimentata nell’esperienza che ci porta a crederlo. Ciò non significa che non vi sia una connessione reale tra gli eventi, ma è solo supposta: all’interno di questa supposizione, vi sono le connessioni probabili e quelle provate. Niente avviene a caso, tutto ha bisogno di una causa, a condizione che per causa si intenda una connessione che non possiamo intendere a priore ma basata sulle probabilità e sulle prove dell’esperienza. Viene espunta la critica alla sostanza e all’Io ancora presente nel Trattato. Resta favorevole al concetto di necessità ma nega quello di libertà se non come assenza di costrizioni. I miracoli non esistono, viene anticipata in maniera velata l’impossibilità di risalire all’esistenza di Dio, mentre lo scetticismo, non più quello disperato nel finale del primo libro del Trattato, è la consapevolezza dei limiti umani contro ogni pretesa di una ragione assolutistica con il conseguente fanatismo. Da queste riflessioni scettiche, Kant avrà molto materiale da ordinare dando vita alla sua rivoluzione copernicana. Libro agevole e godibile che segna però un decisivo salto di qualità rispetto al Trattato, che invece era più rigoroso e conseguente ma anche meno popolare per l'epoca in cui fu scritto. Nel Trattato c'è aria di solipsismo, qui, con qualche incongruenza, si ammettono connessioni reali non conoscibili a priori.
Un testo che parla di filosofia concreta. Consigliabile
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