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Pubblicato nel 1897, ossia otto anni prima dei “Tre saggi sulla teoria della sessualità infantile”, l’unico romanzo di James che ha per protagonista una bambina svolge una trama piuttosto torbida, per la sensibilità dell’autore, ma nella quale non può esserci posto per aspetti ambigui, oscuri o perversi. Maisie è una vittima delle circostanze, ma è ancora una bambina pre-freudiana, vittoriana, innocente, che oscilla sulla linea della sindrome abbandonica ma che, nel momento in cui rischia di sprofondarci fino in fondo, sa dire solo «mi sembra di aver perso tutto» (p. 260). Si combattono in lei pulsioni infantili e momenti di razionalità obbligatoria, ma è incapace di odiare le persone che l’hanno rovinata, sicché la morale di fondo che sottende all’intera narrazione, e che comunque è abbastanza coraggiosa per l’epoca, è la seguente: ci sono persone che non dovrebbero fare figli. In effetti, questo monito vale ancora oggi.
Romanzi di questo tipo affinano lo spirito e ci spingono a riflettere e metterci in discussione: impressionante per la sua profondità l'analisi introspettiva dei personaggi, in particolare la descrizione della dinamica psicologica della bambina e dei suoi sforzi per tentare di sopravvivere allo squallore morale degli adulti che la circondano; tutto ciò in totale assenza di retorica e facile sentimentalismo.
Un libro davvero bello. Hanry James conferma la sua assoluta maestria nell'analisi emotiva e psicologica dei personaggi che rende protagonisti dei suoi romanzi. In questo caso una bambina contesa e strumentalizzata da due genitori in lotta tra loro. E' davvero incredibile con quanto realismo e chiarezza l'autore riesca a rendere il flusso di pensieri che attraversano la mente ed il cuore tenero ed ingenuo della piccola, ed ancora più incredibile ed interessante è il fatto che egli sia stato capace di anticipare in questo libro sfumature sottilissime di disagi e logiche di manipolazione legate alla problematica dei figli contesi a causa di separazioni e divorzi che sarebbe diventato davvero attuale solo 80-90 anni dopo la stesura di questo testo.
Recensioni
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Gli occhi di una bambina come sismografo ipersensibile della realtà: la piccola Maisie è sballottata ferocemente di mano in mano da genitori irrequieti all'indomani di un divorzio, e data in pasto a una fantasmagoria di patrigni, matrigne e governanti, interessati principalmente a veder garantita, nella giostra di diritti, alimenti e onorari, una qualche forma di stabilità economica. In questo caotico panorama la bambina cresce, osserva, impara, trova equilibri e intime ragioni, rispondendo con risorse straordinarie all'aggressione di adulti privi di tatto e capacità di amare. Dal magma di inautenticità in cui si ritrova riesce a trarre uno spazio intatto di libertà e a mantenere integra la propria capacità di sentire. In altre parole, non solo salva se stessa (fingendo, ad esempio, di essere stupida e smemorata, di fronte al "compito" assegnatole dai genitori di riportare gli insulti reciproci) ma riesce a "forgiare" in qualche modo la realtà circostante, facendo pendere la bilancia in direzione di quel poco di umano e di vero che riesce a scorgere (favorirà i sentimenti dell'affascinante Sir Claude per l'intraprendente istitutrice Miss Overmore, e sceglierà di restare accanto alla malinconica Mrs. Wix in cerca, oltre che di uno stipendio, di una figlia).
What Maisie Knew non è la sola opera di James ad avere per protagonisti dei bambini o, più precisamente, a vedere l'infanzia, con la sua malleabile innocenza, come dotata di un canale di contatto privilegiato, spesso suo malgrado, con lo " heart of darkness " del reale, collocata com'è a un misterioso crocevia dove per la prima volta si sfiorano le verità fatali del vivere. Maisie non è che una più serena e lieve "sorellina" dei piccoli Miles e Flora del cupo The Turn of the Screw, i quali " saw more - things terrible and unguessable ".
La terza traduzione italiana del breve romanzo è condotta per i tipi della Marsilio da Ugo Tessitore, già traduttore e sceneggiatore di Nabokov oltre che professore di regia lirica con alle spalle studi musicali e una trentennale collaborazione con il regista Luca Ronconi (viene pertanto naturale collegare questa nuova edizione al concomitante allestimento teatrale del Piccolo di Milano). La brillante introduzione si deve invece a Giovanna Mochi, anglista dell'Università di Siena, che mostra come le vicissitudini dei fanciulli di James comincino "quando già le parole hanno iniziato a erodere e a frazionare (...) chiamando le cose come Bene e Male, Vero e Falso, Senso Morale". Mochi fa inoltre buon uso della preziosa prefazione di pugno jamesiano, scritta nel 1909 per il volume della New York Edition contenente la versione finale del romanzo seguita dai curatori. Tale prefazione, tradotta da Agostino Lombardo in apertura della prima versione italiana (in Romanzi, Sansoni, 1967, vol. III), dà meticolosamente conto della genesi dell'opera e paragona la personalità della bambina, portatrice di senso e riscatto nell'universo deterministico che la circonda, alla funzione strutturante dell'artista, sospesa anch'essa, come la "strategia" di Maisie, tra spontaneità dell'ispirazione e calcolo della tecnica, sofferenza del compromesso e necessità vitale di irresponsabilità e sogno.
Anche nel vivo del testo questa nuova traduzione funziona, soprattutto in quei punti dove riesce a mantenere il mordente dello stile jamesiano, la velocità fotografica di combinazione del dato fisico e del risvolto psicologico, l'essenzialità tagliente con cui viene dato corpo a tratti individuali e sociali a un tempo. La descrizione dell'eccessiva e rutilante Ida Farange è particolarmente ben resa: con il suo "sbatacchiar dei monili e lo stridore dei vezzeggiativi, l'odore degli indumenti e i salti di conversazione", pare intercettare la lettera e le intenzioni dell'originale, forse più della versione del 1967.
L'incipit del romanzo, l'articolato e macchinoso resoconto della risoluzione giudiziaria di separazione, è irto di parallelismi sintattici e incisi, e la sua resa documenta un problema ricorrente nel passaggio dall'inglese all'italiano. Quest'ultimo ha meno possibilità di combinare elementi di sintassi e di lessico in modo sintetico, per semplice giustapposizione, e costringe a una strutturazione più pesante. Un esempio ulteriore si ha altrove nel libro, dove l'incisività "predatoria" di un gruppo nominale come " Ida's old fierce and demonstrative recoveries of possession " si sfibra nell'accumulo di preposizioni e negli spostamenti di aggettivi di "le antiche forme di ripresa di possesso da parte di Ida, feroci ed espansive".
Altro luogo rivelatore è un brano che costituisce una vera e propria chiave di volta nello sviluppo del personaggio principale. La scena in cui Maisie intuisce di essere stata manovrata e prende la decisione capitale della ribellione interiore è estremamente affascinante, e le fatali intuizioni dell'intelligente ragazzina hanno le tinte del perturbante, con bambole che si animano come gli automi di E.T.A. Hoffmann. Ha implicazioni ambigue questa metafora della marionetta-Maisie, che per un verso è capace di uno scatto risolutivo, di un "balzo" interiore che la salverà, ma che d'altra parte nel decidere piega alle circostanze una parte di sé "scorporandola" quasi con violenza (" her parted lips locked themselves with the determination to be employed no longer"). La scelta di Tessitore ("strinse le labbra decisa a non farsi più manovrare") reintegra invece l'individuo, privando l'immagine originale dell'inquietante sottinteso che circolarmente la chiudeva evocando i movimenti automatici delle bambole.
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