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Anno edizione: 2014
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Piacevole, ben costruito e ben recitato. Malinconico ma non noioso. Pecca soltanto la prima sequenza (inserita per garantire circolarità) che rimane appesa e annoia, di soli cinque minuti.
Greenwich Village, 1961. Tra i fumi di mille sigarette un cantante intona una canzone folk. Siamo in uno dei minuscoli locali che hanno reso celebre New York nel secolo scorso e questo momento è l’unico in cui la vita, il destino, la carriera di Llewyn Davis sembrano funzionare. Joel e Ethan Coen tornano con questo magnifico "A proposito di Davis" alle radici più profonde del loro cinema, a quella litania della sconfitta che distilla una concezione crudele del mondo con una massiccia dose di cupo umorismo yiddish. Llewyn è responsabile della propria rovina per eccesso di inedia, per incapacità di adattamento, per incuria, per superficialità. Llewyn non è cattivo ma è refrattario a ogni confronto con il mondo. L’unica cosa che impara dall’esperienza è non far fuggire un gatto. Cammina in linea retta, si affanna più per casualità che per reale impulso al cambiamento, insegue un successo che – forse – anche lui sa di non meritare. Llewyn è fermo perché c’è sempre qualcuno che lo spinge a muoversi. È geloso del suo talento – il suo lavoro, quello con cui dice di pagarsi un affitto che non ha – ma incapace di compiere scelte (umane, emotive, professionali) che trasformino il suo percorso in una potenziale via di crescita. Llewyn non è il bersaglio di un destino beffardo, non paga per scelte morali di cui ignora le conseguenze: è un uomo che si lascia vivere e si inventa vittima per non affrontare le responsabilità. Rifiuta la vita borghese – per lui è solo “esistere” – ma non sa costruirsi alternative. È un inadatto che ignora le variabili che il destino gli offre mancando un riscatto personale che non otterrà mai. Attraverso la parabola di un musicista – non abbastanza bravo, non abbastanza forte, non abbastanza tutto – si racconta il male di vivere di una normalità derisa dalla sfacciata apparizione del Genio che alla fine arriva, come un dolente e serissimo sberleffo, a indicare con chiarezza ciò che non siamo, ciò che non saremo.
Bel film, ma sotto le aspettative.
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