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Ciò che colpisce negli spettacoli di Brook, così come nei suoi testi teorici (questo è il terzo "diario di bordo", dopo The Empty Space del 1968 e The Shifting Point del 1987, pubblicato per la prima volta in Italia nel 1994 da Anabasi), è la continuità nel mutamento e la presenza costante delle stesse domande di fondo, quelle che danno un senso e una direzione al teatro. Durante tutto il suo percorso artistico, che da Londra lo ha portato a fondare a Parigi nel 1970 il Centre International de Création Théâtrale, Brook non ha mai smesso di interrogarsi e di riflettere sul perché del teatro, sul senso del suo esistere, sul fondamentale ruolo del pubblico nell'evento teatrale, sulla contemporaneità di Shakespeare, sul rapporto tra visibile e invisibile e su quale sia, con il passare del tempo e il mutare della società, la forma più opportuna per il teatro nel momento presente. Il regista torna a interrogarsi e a riflettere su queste questioni con il pubblico delle tre conferenze - tenute a Parigi e a Kyoto tra il marzo e novembre 1991 - che costituiscono La porta aperta . Titolo ancora una volta emblematico, derivato da un esercizio d'improvvisazione utilizzato da Brook con i suoi attori, che sta a indicare la metafora del teatro: una porta che può aprirsi quando una vera unione lega interprete e pubblico, consentendo l'accesso a una visione trasformata e più acuta. Il testo più lungo, La subdola strategia della noia , riprende molti punti di The Empty Space e ribadisce che il teatro deve essere "necessario" e non subito in quanto fatto "culturale", sottolineando la responsabilità dell'attore nel combattere la noia curando i dettagli, che sono "l'arte che conduce al cuore del mistero". In Il pesce d'oro e Non ci sono segreti Brook riprende l'idea che l'essenza del teatro sia contenuta in un mistero chiamato "momento presente", un momento di verità che va raggiunto congiuntamente da tutti coloro che operano nel teatro, che è "un alleato esterno del cammino spirituale". Perciò la questione della forma, che non deve diventare fissa ma essere - come la vita - in costante movimento per non diventare mortale, risulta fondamentale, come mostra anche l'esemplificazione del lavoro condotto per la realizzazione della Tempesta nel 1990 a Parigi.
Maria Riccarda Bignamini
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