Il ponte sulla Drina

Nel racconto “Lettera del 1920”, Ivo Andric dice che l’essenza dell’uomo bosniaco è l’odio: sotto l’apparente tranquilla convivenza di religioni e di etnie, convivenza che in realtà è una coesistenza di sfere parallele che non si mescolano, c’è un magma di odio che ribolle e ogni tanto affiora in superficie. Le vicende del ponte di Visegrad non sono tutte pervase da questa consapevolezza, Andric sa variare i toni fino al comico, o fino alla crudezza realistica di una condanna all'impalamento, ai tempi della feroce occupazione turca, pagine che sono certamente un vertice nelle descrizioni del genere. Ma il il ponte, la cui funzione è quella di unire, è tuttavia il simbolo evidente di una divisione che è già geografica e ancora più nazionalistica, come ci hanno insegnato le vicende degli ultimi anni. Detto ciò, eccellente romanzo.

Nobel meritato per l' autore. Lo stratificarsi del tempo inciso nelle pietre del ponte di Visegrad. Letteratura balcanica al suo apice.

Un poderoso affresco storico, utilissimo anche a comprendere meglio l'attualità. La mia innata attrazione per il mondo orientale (soprattutto per l'Oriente europeo, così vicino eppure così distante dal mondo occidentale) mi spinge a indicarlo tra le letture irrinunciabili