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Collana ''Storia e società''. Brossura editoriale di VIII-297 pagine, alcune tavole in bianco e nero fuori testo. Postfazione di Alberto Cavaglion. Minimi segni di sfregamento al dorso della sovraccoperta, peraltro copia pari al nuovo di un importante saggio da tempo fuori catalogo..
Amico, collaboratore e avvocato personale di Italo Balbo, appartenente a un'antica famiglia ebraica, ben inserito nel raffinato ambiente culturale di Ferrara, quello che ospitava i Warburg e i De Chirico, ma anche membro dell'Associazione nazionale combattenti e non distante dai circoli nazional-sindacalisti, Renzo Ravenna fu il primo podestà fascista della sua città (dal 1926). Con il passare del tempo, finì per rimanere stretto nella morsa di un regime ormai tendente all'antisemitismo e di un agguerrito clero cattolico, risultando inviso a molti ebrei in quanto fascista, a molti fascisti in quanto ebreo, malgrado in questo avvincente studio Ilaria Pavan ne sottolinei la "sostanziale estraneità rispetto alle locali istituzioni comunitarie" e la distanza dal sionismo, che si sarebbe ridotta solo dopo decenni. Con le leggi del 1938, nel momento stesso in cui Ferrara veniva passata al setaccio del censimento razziale, aumentarono le pressioni di Mussolini affinché il podestà rassegnasse le dimissioni; Ravenna obbedì, adducendo motivi di salute, lasciando il posto all'amico Alberto Verdi e continuando, se non altro, a esercitare grazie alla "discriminazione" ottenuta la professione di avvocato. Sarebbe morto nel 1961. L'autrice, convinta del fatto che Ravenna fosse fascista essenzialmente perché amico di Balbo, il quale lo difese in ogni circostanza, ricostruisce la storia di un uomo di grandi capacità messo alle corde da quello stesso scellerato sistema politico per cui aveva profuso tante energie: come a voler significare che i regimi liberticidi, prima o poi, soffocano inevitabilmente anche i propri ingenui adepti.
Daniele Rocca
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