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Un libro scritto tanti anni fa, che parla di quell'esperienza drammatica ed allo stesso tempo esalante che è stata per un giovane la guerra di Liberazione Nazionale. Quando non c'erano più istituzioni e la decisione di impugnare il fucile e combattere era una scelta personale, volontaria e consapevole e non l'adempimento di un ordine proveniente dall'alto. Libro tutto sommato coinvolgente, anche se per fronteggiare i pericoli del revisionismo storico la Resistenza dovrebbe essere affrontata con maggior spirito critico e comunque senza aspirazioni agiografiche.
Non è un libro scritto oggi, e si vede. Ma è un libro che può servirci a capire su cosa si è costruita l'Italia di oggi - o forse farei meglio a dire di ieri. Il sentimento di ribellione, magari tardiva ma originale, la voglia di riscatto da venti anni di obnubilamento mentale, la necessità di creare un paese nuovo. Il libro di Bocca, e Bocca stesso, è sicuramente parziale. Ma racconta un periodo della nostra storia nel quale divenne necessario fare delle scelte. E chi non le volle fare o scelse di scappare in Svizzera oppure ebbe il babbo "profugo" in Svizzera non può capire le spinte ideali che portarono giovani di vent'anni a mettere in rischio la loro vita per un'ideale.
Bocca è un ottimo scrittore giornalista ma non ha la capacità di mettersi al di sopra e scrivere. Tutti i suoi libri sono parziali. Una chicca la r di resistenza nella prima edizione è scritta in minuscolo in questa maiuscolo.
Recensioni
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Pubblicato per la prima volta nell'ottobre 1945, questo non è un libro autocelebrativo, la cui genesi sia riconducibile all'entusiasmo successivo alla Liberazione. Furono piuttosto le immani difficoltà della ricostruzione e soprattutto la stanchezza e l'opacità politica di larga parte della società italiana, su cui si stavano infrangendo le aspettative di rinnovamento dei resistenti, a spingere il giovane Bocca a scrivere a caldo della propria esperienza di partigiano. Quasi come avesse inteso, in questo modo, affidare alla carta, prima che si affievolisse del tutto, l'alito vitale di "quel vento gagliardo del Nord" che aveva animato la Resistenza. Al centro della riflessione di Bocca non vi è infatti principalmente la ricostruzione delle vicende delle formazioni del cuneese, di cui aveva fatto parte, ma l'ethos della vita partigiana, rievocato attraverso flashback che danno al libro la sua cifra distintiva. Ciò che interessa a Bocca è testimoniare come le bande partigiane, al di là delle differenti appartenenze politiche, furono uno straordinario laboratorio di democrazia, in cui una generazione di italiani, per lo più giovanissimi, intraprese un percorso di autoliberazione da vent'anni di educazione totalitaria. Legata alla scoperta di una libertà assoluta (dai legami famigliari e sociali) e all'esperienza di una solidarietà opposta alla falsità del cameratismo e del nazionalismo fascisti, la ribellione totale dei partigiani unì ciascuno ai propri compagni d'arme e alle comunità locali investite dalla repressione nazifascista. Sotto questo profilo, l'immagine vivida della Resistenza che questo libro ci restituisce sessant'anni dopo, un'immagine su cui non si è ancora depositata la polvere della retorica, ci permette di misurare quanto sia moralmente e politicamente insostenibile mettere sullo stesso piano gli appartenenti alle formazioni partigiane e i collaborazionisti della Repubblica di Salò.
Cesare Panizza
Capitolo importante della storia del Novecento e vicenda dalle profonde implicazioni politiche e morali, la Resistenza non cessa di catalizzare l'attenzione di studiosi e grande pubblico. Il rinnovato interesse per questa tematica è confermato anche dall'uscita dell'ultimo volume di Giorgio Bocca, che ripropone un saggio scritto dall'autore subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale in una nuova edizione, arricchita da un'introduzione datata gennaio 2004. Frutto dell'esperienza diretta tra le file dei partigiani piemontesi, il libro non è solamente il racconto della vita e delle imprese dei gruppi armati che combatterono nelle regioni montuose del cuneese, ma costituisce anche una più ampia riflessione sul fenomeno Resistenza, sulle sua origine e sui suoi sviluppi.
Al di là della diversa formazione politica e culturale dei protagonisti della Resistenza, Bocca ravvisa nel nuovo stato d'animo, nel desiderio di libertà e nel senso di necessità, generati dai fatti dell'8 settembre del 1943, i motivi principali che spinsero migliaia di italiani a reagire, lottando, senza eroismi e senza retorica, per risollevare il destino di un Paese. Smentendo il mito di una Resistenza orientata da un'ideologia univoca, il giornalista evidenzia nella sua riflessione introduttiva come le squadre partigiane avessero composizione estremamente eterogenea e come convivessero spesso al loro interno anime diverse ("la nostra politica era una mescolanza di tradizione e di rinnovamento, di recupero del passato e di società nascente"). Secondo l'autore fu proprio il carattere spontaneo e popolare di tale fenomeno a determinare in Italia la nascita della Resistenza più forte in Europa dopo quella jugoslava. Migliaia di partigiani caduti, feriti o mutilati, gli operai e i contadini per la prima volta partecipi di una lotta spontanea senza cartolina di precetto, una formazione partigiana in ogni valle alpina o appenninica, un comitato di liberazione in ogni città e villaggio, l'appoggio della popolazione, la paziente fatica per armare e far vivere un esercito senza generali: sono questi gli elementi fondanti di un'esperienza unica, che rivive nel racconto appassionato di un protagonista diretto. Partigiani della montagna è una testimonianza vibrante che dopo sessant'anni non ha perso il suo carattere di attualità; una storia coraggiosa, che invita a non dimenticare la nostra storia e che rivela ciò che un popolo può fare quando prende il destino di un paese nelle sue mani.
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