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Anno edizione: 2014
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«Un uomo che beve solo acqua ha un segreto da nascondere ai suoi simili.»
Vino, hascisc e altre droghe, «mezzi per la moltiplicazione dell'individualità», sono oggetto di questi saggi, composti tra il 1850 e il 1860. Si tratta di scritti diversi, fortemente influenzati dall'esperienza personale, ma anche elaborati sull'esempio dell'"ebbrezza" di Poe e delle Confessioni di un mangiatore d'oppio di De Quincey. In un primo tempo, infatti, il poeta aveva pensato che lo stato di eccitazione provocato dall'hascisc fosse paragonabile all'invasamento lirico, ma ben presto si era accorto che le droghe provocano uno stato di fantasticheria fine a se stesso, senza effetti apprezzabili sulla creatività. Baudelaire sembra perciò alludere alla profonda autonomia espressiva della poesia, unico mezzo in grado di organizzare e dare forma credibile ai fantasmi edenici dell'uomo. Con uno scritto di Jean-Paul Sartre.
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Il classico di Baudelaire non ha bisogno di presentazioni. L'autore sostanzialmente commenta il lavoro di De Quincey, Memorie di un oppiomane, e lo fa in maniera egregia anche se a mio parere talvolta si perde un po' e prende la tangente, salvo poi ritornare sui binari. Lungi da me criticare Baudelaire, anche perchè sarebbe un atteggiamento ridicolo, però secondo me questo lavoro è leggermente sottotono rispetto a quelli ai quali ci ha abituati...
Baudelaire racchiude in questo libro dal titolo suggestivo tre brevi saggi sulla dipendenza dell’uso di droghe e alcol. Lo stile del poeta maledetto è inconfondibile, diretto ma profondo e le tematiche vengono trattate in modo preciso e interessante. “Un mangiatore di oppio” è quello che più mi ha colpita e che riprende il famoso trattato di De Quincey. Se siete interessati all’argomemto lo consiglio tantissimo.
semplicemente fantastico
Recensioni
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