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Titolo: Una pantera nel guantoAutore: Emily DickinsonEditore: Passigli (23 ottobre 1997)Data: 1997Brossura editoriale . collana Passigli Poesia . Testi scelti da Mario Luzi 28. testo a fronte a cura di Adriana Seri. Il volume presenta ombratura della copertina. Pagine in buone condizioni.
recensione di Amalfitano, P., L'Indice 1998, n. 6
Millesettecentosettantacinque poesie di Emily Dickinson: il canzoniere completo, in edizione bilingue, della poetessa americana è ora a disposizione del lettore italiano.
Destino strano quello della Dickinson e anche quello delle sue poesie. Un'esistenza vissuta in un perimetro estremamente circoscritto - la casa di Amherst nel Massachusetts come unico scenario, le intricate relazioni familiari come orizzonte affettivo, il mondo esterno evitato, filtrato, vagheggiato - cui corrisponde un'opera segreta, febbrile, accumulata negli anni, che solo dopo la sua morte inizia a essere pubblicata e riconosciuta ("Publication - is the Auction / Of the Mind of Man - / Poverty - be justifying / For so a foul a thing", "Pubblicare - è la vendita all'asta / della mente dell'uomo - / Un atto così vile forse solo / la povertà lo può giustificare -", n. 709). Affermazione lenta, difficile, inizialmente affidata ad amici e parenti, a partire dal 1890. Poi il successo, le molte edizioni parziali e spesso poco rigorose. Infine nel 1955 l'edizione critica a cura di T.H. Johnson; e, per quanto riguarda l'Italia, una fortuna progressiva negli ultimi trent'anni. Destino il suo che trova forse spiegazione all'interno dei testi in due tendenze opposte e complementari: di essere in anticipo e in ritardo sul suo tempo, rivolta con una faccia al futuro e una al passato, inattuale.
"Strong Draughts of Their Refreshing Minds / To drink - enables Mine / Through Desert or the Wilderness / As bore it Sealed Wine - // To go elastic - Or as One / The Camel's trait - attained - / How powerful the Stimulus / Of an Hermetic Mind", "Bere intere sorsate di quelle fresche menti / rende la mia più agile nel passo / attraverso i deserti più remoti - / come se avessi un vino di riserva // od avessi raggiunto addirittura / il ritmo del cammello - / Che potere ha lo stimolo di una ermetica mente -" (n. 711). Stile sincopato, sintassi fratta, il trattino come unico segno di punteggiatura che incide, incastona, separa, sospende, qui come in tutte le altre poesie, un discorso teso, implacabile, dove alla solitudine delle proprie percezioni corrisponde una incredibile vastità di scenari possibili. "Hermetic Mind" potrebbe essere la definizione adatta a designare lo spazio poetico in cui trovano posto le immagini e le emozioni secche, consapevoli, cui Emily Dickinson sembra, mettendole sulla carta, dar corpo e vita, e liberarsene ("To go elastic"). La poesia per lei, come per i metafisici inglesi del Seicento, è soprattutto un'esperienza dove i sensi si tramutano in pensieri e i pensieri diventano senso. E nello stesso tempo è il tentativo continuo, tutto novecentesco, di trasfigurare questa esperienza in un mondo simulato, sostitutivo, privato e interiore, e dare ad esso valore di vita vissuta.
"To fill a Gap / Insert the Thing that caused it - / Block it up / With Other - and 'twill yawn the more - / You cannot solder an Abyss / With air", "Per chiudere una falla / devi inserirvi ciò che la produsse - / Se con qualcosa d'altro vuoi richiuderla / ti si spalancherà sempre più grande - / Non puoi colmare un abisso / con l'aria" (n. 546).
Versi nudi, scarni, senza replica né grandi ambiguità, forme chiuse cui Emily Dickinson consegna "missive" troppo forti per i suoi destinatari - amori fuggevoli e lontani, amici, amiche, la cognata Sue, Mabel Loomis, T.W. Higginson che diventerà il suo tardivo "editor" -, testi carnali, sublimi, profani, religiosi, visionari, infantili, meditati, richiedenti o rassegnati, dove la potenza del discorso fa quasi spavento, inscrive, più che pronunciare, parole senza compiacimento.
L'edizione dei "Meridiani" è curata e introdotta con grande competenza e completezza da Marisa Bulgheroni. Dal saggio ricco ed evocativo che apre il volume e dalla appassionante ricostruzione della biografia della Dickinson emerge il tessuto fitto di relazioni personali ed epistolari che - insieme ai libri da lei amati - costituiscono l'unico accesso possibile alla sua poesia. Le traduzioni dell'"opera omnia" sono di Silvio Raffo (1174 poesie), Margherita Guidacci (392 poesie), Nadia Campana (27 poesie) e Massimo Bacigalupo (185 poesie), cui va anche il merito di una revisione complessiva molto accurata di tutti i testi tradotti che dà all'insieme l'unità stilistica presente nell'originale.
A queste si aggiungono, nuove o ripubblicate, alcune traduzioni, preziose per i raffronti e per le scelte operate dagli autori, di alcuni poeti italiani: Cristina Campo, Cima e Montale, Giudici, Luzi, Montale, Rosselli.
Quasi contemporanea, l'edizione Passigli, "Una pantera nel guanto" (è l'ultimo verso della poesia n. 244), raccoglie cento liriche tra quelle meno note al pubblico italiano, scelte e tradotte da Adriana Seri, dove più estreme appaiono le manifestazioni delle consuete polarità poetiche della Dickinson. Le traduzioni della Seri, a volte efficaci nel conservare la potenza e la durezza della lingua della poetessa americana, altre volte lasciano perplessi - come ad esempio in quel "for a Quick" del primo verso della n. 708 ("un attimo" nella traduzione di Bacigalupo) che diventa qui "perché Viva".
La prefazione di Masolino d'Amico presenta al lettore in poche pagine chiare e di particolare acutezza alcune delle fondamentali chiavi interpretative dell'opera: la forma conclusa, compiuta di ciascun componimento (il contrario del frammento), la discendenza della metrica della Dickinson dalla tradizione dei canti sacri (le tetrapodie giambiche degli inni), la lingua "priva di aspirazioni a raffinatezze 'europee' tutta derivata com'è dalla Bibbia e dal Webster", la concisione epigrammatica dello stile.
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