L'outsider

Chi si fosse trovato a camminare per le strade di Londra nei mesi del 1954 avrebbe potuto casualmente incontrare uno strano ragazzo di ventitré anni, un eccentrico e strambo squattrinato, isolato, alieno ad ogni compagnia. Dormiva in un sacco a pelo impermeabile nel parco di Hampstead Heath e passava le sue giornate unicamente nella sala lettura del British Museum. Fu in quel luogo che, mattina dopo mattina, in un'inesausta immersione fra opere più che adorate, che concepì uno fra i più grandi libri del secolo, questo, uno dei saggi più alti e irregolari mai ideati. Chi sono gli Outsider? Sono quegli esseri sospesi fra l'angelo e l'uomo, i difformi, gli esiliati alla convenzione, i reietti alla rispettabilità, i disobbedienti alle fedi concordate, i romantici ottusi ma vegliardi, svegli nell'anima come pochissimi ma esclusi e come dormienti per gli altri, uomini la cui carne è già sceltissimo spirito, "gli unici a sapere di essere malati in una società che ignora di esserlo". Sono coloro, dice Wilson, "che vedono troppo e troppo lontano". Dunque Dostoevskji, Nietzsche, Van Gogh, Kafka, Camus, Barbusse, Gurdjeff, solo per citarne alcuni. Quelli che aprono una volta per sempre una breccia nuova nel ricamo dello scontato, sovvertendone trame e disegni, passaggi e significati. Esseri inquieti, ricettivi oltre ogni norma data, liberi e capaci di penetrare l'alito dell'errore e del dramma umano fino a cime di pensiero irraggiunte, senza uguali. Singolarità così toccate, così invase dal guasto che indirizza, che irradia e porta linfa inedita nel mondo spesso bieco e truccato della cultura. Libro evento che porta sui tristi e noiosi banchi dell'offerta libraria un autore geniale, versatile a livelli pazzeschi. E che apre agli snodi di un secondo Novecento intontito dal fuoco della sua prima metà, onda tremante che ancora tuona e echeggia nelle cave di dentro. In dedica agli smarriti ventenni di adesso, al loro sguardo pulito, alle loro spinte,ai loro desideri.