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Anno edizione: 2014
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Cosa dire di fronte a tale capolavoro? Mi si perdonerà qualora dovessero mancarmi le parole. Ma i romanzi di guerra vanno letti, vissuti, non raccontati. "Orizzonti di Gloria", reso celebre dall'omonimo film di Stanley Kubrick è la storia di un'ingiustizia. La storia che mira a svelare il marcio dietro la propaganda della Prima Guerra Mondiale. Un romanzo denuncia, un grido disperato lanciato dai sottoposti che nulla potevano contro quei superiori da poltrona che li mandavano impietosamente al macello, in azioni militari impossibili. Come dimenticare il Colonnello Dax, il soldato Lejeune, il soldato Ferol, il soldato Arnaud? La condanna di Cobb è implacabile. Dove sono finiti quei giorni gloriosi dove l'uomo era fiero di combattere ed essere un soldato? La Grande Guerra dell'uomo nuovo ha spazzato via qualsiasi sogno di gloria. Quel che rimane è un'amara esistenza, in cui non ci sono vincitori né vinti. A chi sta affrontando lo studio della Prima Guerra Mondiale, consiglio vivamente questo libro, agli altri: "leggetelo", affinché non si dimentichi.
Grande romanzo ambientato nelle trincee francesi della Grande Guerra. Viene deciso di conquistare il "Formicaio", spaventosa enclave dove tutti i vari tentativi di conquista sono stati sventati dai tedeschi. Ma per un errore del Comando Supremo, nel bollettino di guerra viene dato per conquistato. Per cui un reggimento, che ha appena subito gravi perdite in un'altra sanguinosa battaglia e che, per questo, si era meritato un giusto riposo, viene inviato di nuovo in prima linea. Ma l'attacco anche questa volta è un disastro e dopo innumerevoli perdite viene data la ritirata. Additittura il comandante chiede che si spari con l'artigliera ai suoi per spronardli ad un ennesimo attacco inconcludente. Dopo tale disfatta, viene accusato di codardia il battaglione e decisa la decimazione. Solo l'intervento del comandante del battaglione riesce a "convincere" il generale dell'assurdità di tale decisione, che cambierà comunque in una fucilazione per ogni reparto. Vengono scelti i tre: uno per sorteggio: questi è un eroe di guerra ma non basta, il secondo è scelto per essere il più "delinquente" della compagnia; il terzo ad opera di un codardo tenente che così si libera di un fastidioso testimone della sua codardia. I tre vengono processati senza alcuna garanzia da un tribunale che ha già deciso a priori la loro fine e condannati alla fucilazione, a monito di tutto il reggimento.
Davvero un bel romanzo, che si inserisce con un carattere tutto suo nel panorama dei libri sulla Grande Guerra e che ha fatto bene Castelvecchi a pubblicare, poiché giaceva dimenticato e schiacciato dalla prevaricante presenza, nella memoria collettiva, del classico film che Kubric vi aveva tratto. Eppure dal film si distingue nettamente: più coralità, più scene belliche anche efferate e di puro orrore (come quella della morte solitaria del tenente Paolacci a p.48-49)oppure tese a evidenziare i difficili rapporti fra soldati e superiori, quando la tensione della lotta distingue senza scampo la codardia dal coraggio. Meno centrale rispetto al film la bella figura del colonnello Dax, coi suoi dubbi e il suo fermo coraggio nel tentare di porre un argine al generale il quale, dovendo trovare un capro espiatorio per l'insuccesso nell'attacco all'imprendibile baluardo del Formicaio, non trova di meglio che imporre la sbrigativa soluzione della Corte Marziale con la condanna a morte di alcuni soldati, non solo innocenti, ma di provato coraggio. La lunga scena del processo, segnato dall'arrogante premura dei vertici militari che ne hanno già deciso l'esito esemplare (pp182-95), è centrale dal punto di vista drammaturgico. D'altra parte il libro vuole essere corale ma rappresentare anche la routine della guerra, i suoi formalismi, lo spirito di casta che anima gli ufficiali superiori, mentre quelli inferiori muoiono nelle trincee come i soldati. Esemplari del perenne formalismo militare, le meticolose disposizioni date dal sergente maggiore Boulanger per la buona riuscita dell'esecuzione (pp196-99): forse il formalismo, coi suoi rituali rassicuranti e ripetitivi è un metodo inconsapevole per salvare la coscienza dall'abbrutimento e dall'avvilimento totali. Di limpida eleganza, attento ai meccanismi inesorabili del potere e della gerarchia (in questo mi ricorda Emilio Lussu), il libro di Cobb merita un posto d'onore nella letteratura della Grande Guerra.
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