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Nel primo secolo avanti Cristo il dilagare della conquista romana si accompagna alla disgregazione interna dello Stato, preda della corruzione e delle lotte sociali: le guerre civili sono decise dall’intervento degli eserciti e dal potere dei capi, Mario e Silla, Cesare e Pompeo. Nel 44 viene assassinato Cesare. Caio Sallustio Crispo, che in due Epistole lo aveva invocato come riformatore del costume e dello Stato, si ritira dalla vita politica e si dedica all’attività di storiografo. Oggetto delle sue monografie sarà la crisi della res publica, còlta in momenti cruciali: la congiura di Catilina, il rivoluzionario che con le sue radicali rivendicazioni perdette il probabile appoggio iniziale di Cesare e Crasso, e fu sopraffatto dalla reazione ciceroniana; e la spedizione africana contro Giugurta, l’usurpatore numida che, dopo aver tenuto in scacco i Romani corrompendo i membri della nobilitas e logorando gli eserciti con la guerriglia nel deserto, alla fine fu vinto con la terra bruciata e il tradimento. Sorprendente e attuale ci appare anche, tra i frammenti delle Historiae, la lettera di Mitridate ad Arsace, la più inesorabile requisitoria di un antico contro l’imperialismo di Roma. Sallustio non è solo storico, ma testimone del periodo forse più affascinante e «moderno» della vicenda di Roma: quello che vide la crisi delle istituzioni e l’oscurarsi dei valori tradizionali. Eccezionale, nella sua opera, è il pathos di situazioni e personaggi, rappresentati secondo il gusto della storiografia «tragica». Lo stile, modellato su quello di Tucidide e Catone, reagisce alla costruzione architettonica di Cicerone, contrapponendole un periodare spezzato e audace; tale brevitas drammatica, che fu emulata da Tacito, è la non casuale scelta stilistica del primo grande storico romano.
Questa edizione comprende, oltre alle opere pervenute intere e ai frammenti più ampi delle Historiae, un’appendice costituita dalla biografia di Sallustio, dalla storia della sua fortuna nei secoli e da una nota bibliografica.
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