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E molto interessante lo consiglio vivamente
Ho amato molto questa riscrittura del poema omerico. La consiglio.
Una bellissima lettura, lo consiglio.
Recensioni
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“Noi combattevamo con in mano delle armi: quell’uomo stava scendendo in battaglia stringendo in pugno il mondo.
Lo vidi, splendente come il sole, salire sul carro, e urlare ai suoi cavalli immortali di portarlo verso la vendetta. Ce l’aveva con loro perché non erano stati capaci di sottrarre Patroclo alla morte, correndo via dalla battaglia.”
Avendo alle spalle la lettura integrale in greco dell’Iliade, per esigenze universitarie (e, sinceramente, anche per diletto), conoscendo bene la versione italiana di Rosa Calzecchi Onesti, quindi quella in prosa di Maria Grazia Ciani ho affrontato il testo di Baricco con qualche perplessità. Le pagine introduttive di Omero, Iliade delineano lo spirito e le caratteristiche del lavoro svolto per rendere l’opera adatta ad essere letta in pubblico senza estenuare gli spettatori. Quattro gli interventi salienti dichiarati: i tagli compiuti per rendere la durata della lettura compatibile “con la pazienza di un pubblico moderno”. Per far ciò sono state compiute alcune scelte importanti, come quella di eliminare praticamente ogni apparizione e ruolo degli dei (scelta di cui parleremo ancora in seguito). In secondo luogo Baricco ha utilizzato un linguaggio “vivo”, sia da un punto di vista sintattico che lessicale. Il terzo intervento è davvero significativo: la narrazione è proposta “in soggettiva”, cioè sono vari personaggi del poema omerico a raccontare la storia, scelta operata per rendere più rappresentabile l’opera. L’ultimo intervento dichiarato riguarda le “aggiunte al testo” compiute dall’autore e presentate con una scelta grafica che le differenziasse dal testo di Omero, il corsivo.
Questa premessa permette di affrontare la lettura con alcune consapevolezze e quindi di non rimanere stupiti se il testo si allontana in modo sostanziale da quello originale, se quasi ogni elemento epico è assente e se alcuni personaggi a cui è affidata una “voce” si discostano notevolmente dallo spirito che la tradizione ha loro attribuito.
L’abolizione della presenza fattiva degli dei nell’azione narrata è forse una delle più significative trasformazioni compiute sul poema omerico, in quanto è proprio la loro presenza a caratterizzare l’epica come genere, così come i vari interventi nel sostenere o nel punire le imprese degli eroi sono determinanti allo svolgimento della storia, e nello stesso tempo il supremo ruolo del Fato, superiore agli stessi dei, apre una riflessione sul pensiero antico davvero interessante.
La scelta stilistica poi sottolinea questa distanza: aboliti i “formulari”, tipici della tradizione orale, i cosiddetti “moduli”, la frase sempre uguale in riferimento a uguale situazione, quasi assenti le similitudini, così come l’aggettivazione (il sistema epitetico fisso), caratterizzante non solo i singoli personaggi, ma anche gli oggetti o gli animali, elementi tutti che costruiscono un ritmo e si fissano indelebili nella mente del lettore/ascoltatore.
Se la guerra e lo spirito guerriero (perché però mettere in bocca proprio a Enea quasi tutte le narrazioni delle battaglie?) caratterizzano l’Iliade e ne rappresentano pienamente un mondo e una mentalità e già l’Odissea inizia a raffigurare una cultura diversa, una realtà quasi mercantile, portatrice di valori diversi (da qui l’ampio dibattito se i due poemi appartengano o no a un’unica figura, singola o collettiva che fosse, e l’attuale posizione degli studiosi è che l’Odissea sia posteriore di almeno 400 anni all’Iliade), come è possibile parlare di “civiltà greca” tout court e non di “civiltà omerica” riferendoci al più antico dei due poemi? Sottigliezze, si può dire, ma credo che l’immaginario collettivo tenda a definire con “civiltà greca” il periodo classico, l’Atene di Pericle, più che l’arcaico (gli studiosi per lo più collocano Omero intorno all’VIII secolo a.C., Plutarco lo pone addirittura nel XIII sec. a. C.) e le differenze culturali tra i due momenti dell’antica Grecia sono davvero consistenti.
Quanto si è detto non vuole di certo sminuire l’operazione compiuta da Baricco, tutt’altro: la capacità di attualizzare un messaggio come quello omerico, la scelta di “teatralizzare” il poema, il rispetto per quello che può essere considerata la fonte tematica e ideale di tanta produzione letteraria, l’abilità nel dare una struttura compiuta alla propria rielaborazione, sono encomiabili. Un testo, questo Omero, Iliade, che può appassionare i giovani, entrare anche nelle scuole, spingere alla lettura integrale del poema, essere letto e ascoltato da un pubblico ampio e non necessariamente dotto, insomma un’operazione culturale interessante anche se il risultato è molto lontano dalle probabili intenzioni dell’autore.
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