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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2019
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Esterina la guagliona, donna Gilda, Frank, Federico.. lasciarli all’ultima pagina non è stato facile, e questo é stato inaspettato, soprattutto perché l’inizio é stato lento, faticoso e difficile, in parte anche per i numerosi termini in napoletano non spiegati che inizialmente lasciano spaesati. Ma é arrivato un punto in cui tutto é cambiato, quel momento nel quale il lettore viene fagocitato dalla storia e non può fare a meno di respirare all’unisono con i personaggi, e leggere in maniera spasmodica pagina dopo pagina. Io ne sono stata totalmente conquistata. Questo romanzo é liberamente ispirato alla vita di Gilda Mignonette, la voce degli emigrati italiani in America, perchè poche sono le testimonianze biografiche rimaste su questa cantante. In parte grazie alla voce narrante di Esterina, l’assistente della Mignonette, e in parte attraverso una voce fuori campo, assistiamo agli anni di successo della Mignonette, tra canzoni di successo, folle impazzite, lusso e teatri splendenti. Ma c’è molto di più in quella Little Italy oltreoceano, tra bande mafiose rivali, voglia di riscatto e di essere amate. Dagli anni venti fino al secondo dopoguerra assistiamo al successo di questa grande cantante, fino al suo ultimo ritorno a Napoli quasi incosciente. Il suo essere sempre fuori dagli schemi, il suo andare controcorrente, saranno la sua gloria ma anche la sua rovina e il lettore sarà spettatore di tutto questo.
Dalla recensione sul Venerdì di Repubblica mi era sembrato si trattasse di un altro libro un po'pazzo di questo autore. Invece questo romanzo supera il precedente (la trasfigurazione tamil di una Napoli obliqua e sotterranea). Buffo e sorpendente che i napoletani di New York diano una "nuova vita" al poeta spagnolo García Lorca.
L’ho finito di notte, dopo averlo iniziato al mattino, non avendo voluto smettere. La trama è movimentata come le inquadrature di un videoclip che hai voglia di lasciare andare in loop; la scrittura è tutta una canzone di gravi, acuti e allegretti; è un romanzo per il quale ci vuole tanto occhio quanto orecchio.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ha la musica nel sangue, Alessio Arena, e anche la letteratura. Ed è una perfetta sintesi di ciò che ha dentro il suo ultimo romanzo, che racconta certi flussi migratori del Novecento, col pretesto di raccontarci un’esistenza leggendaria, ma non solo: i protagonisti più che gli emigranti (in particolare una di lusso) sono personaggi dall’esistenza nomade, sia esteriore che interiore. Di mezzo c’è una figura realmente esistita, la “regina degli emigranti”, “la sirena di New York”, ovvero Gilda Mignonette (al secolo Griselda Andreatini), con la sua ugola che infiammò il pubblico oltreoceano. E, quindi, c’è un bagaglio importante di documentazione storica alle spalle de La notte non vuole venire (316 pagine, 18 euro), probabilmente l’opera più interessante e matura di un autore decisamente poco organico e molto anticonformista, nel panorama delle lettere di casa nostra.
Dimensione storica e dimensione intima si compenetrano nel nuovo romanzo di Arena, edito da Fandango Libri. L’epopea dei flussi migratori di massa e della Little Italy di New York vive di pari passo con un duello esistenziale, quello fra la cantante italiana più famosa d’America (celebre e passionale, protagonista di un’ascesa travolgente, e poi di una caduta inevitabile) e la sua tuttofare e interprete, Esterina Malacarne, guagliona dai capelli bianchi e voce narrante (in flash-back) che assiste Gilda Mignonette fino alla morte, in una nave con destinazione Italia, nel 1953. Dispotica e spavalda carnefice e vittima anonima e silenziosa, rispettivamente, ma forse non fino in fondo. Specie quando entrano in scena altri due personaggi, Frank Acierno, giovane marito della cantante (invisibile e oppresso dall’ingombrante figura della consorte), che non esita a tradirla proprio con Esterina, e il poeta andaluso Federico García Lorca (un suo verso è il titolo del romanzo), amico delle due protagoniste (anche se a riguardo le fonti storiche sono pochissime e sfumano nella leggenda), fragile e generoso.
Arena inanella lungo le pagine colpi di scena e amori, chiaroscuri psicologici e sentimentali, fa scorrere alcol, fa sfilare Rodolfo Valentino e Frank Sinatra. E, sul fronte della scrittura, intreccia dialetto partenopeo, italiano e americano in un frullato multilinguistico convincente. Anche se sono le parole non dette, i dissidi sotterranei, ad ardere maggiormente, specie nella relazione fra Gilda ed Esterina. Il contesto storico, con un occhio però tra il realista e il visionario, non è affatto trascurato, la stagione proibizionista, la diffidenza nei confronti degli italiani, i gangster. La seconda guerra mondiale è l’inizio della fine per la cantante, i rapporti fra gli Usa e l’Italia di Mussolini si deteriorano in fretta, tanto che le autorità americane non vedranno più di buon occhi la “regina degli emigranti” (apertamente schierata con le ragioni della patria e per questo trattata da sovversiva, quasi da spia), frattanto in crisi anche sul piano personale, tramortita dall’alcol, uno dei pochi rifugi alla scoperta del tradimento del marito con una creatura istruita ma poco più che insignificante, scelta principalmente per questo in origine. Sul transatlantico “Homeland”, che riporta in Italia le due donne, la stella che si sta spegnendo e l’assistente che si vendica a colpi di ricordi, la storia cambia…
Recensione di Arturo Bollino
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