L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (1)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
.Un ottimo libro. Lo consiglio vivamente.
Il lodevole compito di ricostruire vicende complesse legate alla sconfitta della Germania nella IIWW, si perde nella prolissità e nella mancanza di centro di una cronaca ondivaga, dispersiva, in cui i personaggi non riescono mai ad essere bene a fuoco. Nel lettore prende piede la tentazione di saltare interi capitoli per scoprire se la vicenda acquisti un vero nerbo, un fuoco centrale, una sintesi brillante. Ma niente.
Due storie che corrono parallele, una sugli orrori nazisti e l’altra su episodi di vita di un soldato statunitense nella Germania appena liberata da parte delle truppe alleate, storie destinate a convergere. Le vicende più corpose, narrate nella intervista-confessione di un tedesco antinazista, potevano essere contenute in un’esposizione più succinta e asciutta, mentre per oltre la metà del libro l’Autore si dilunga nella ricostruzione di avvenimenti che sfiorano il cuore dell’investigazione indulgendo a una prolissità che nuoce a una descrizione più nitida – e quindi a una comprensione più profonda – delle mostruosità compiute. L’ultima parte invece è intensa e dolorosa, e narra tra l’altro le fasi finali della parabola culturale e ideale di uno studioso progressista convertitosi al nazismo per perseguire l’igiene della razza, idea che ai suoi stessi occhi si sarebbe troppo tardi rivelata illusoria e scientificamente fallimentare. La descrizione finale del party a base di alcol di inquietante provenienza è un atto d’accusa nei confronti del popolo tedesco e della sua cecità; brillanti nella loro stringatezza, queste ultime pagine in parte riscattano la lentezza di diversi, precedenti passaggi.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Uwe Timm, per una volontà etico-estetica
di Barbara Julieta Bellini
Uwe Timm è tornato, ed è in forma. Lo avevamo lasciato quattro anni fa con un deludente romanzo mondadoriano, La volatilità dell’amore, e ormai non sapevamo più cosa aspettarci dall’autore ultrasettantenne di Amburgo. Ma il suo ultimo libro, con cui Sellerio inaugura una nuova stagione della fortuna italiana di Timm, ci ha piacevolmente sorpresi: Un mondo migliore segna il ritorno dell’autore alla materia che meglio gli riesce, la ricostruzione e rielaborazione della storia tedesca.
Michael Hansen è un militare statunitense, emigrato dalla Germania in tenera età nel 1932. Delle origini teutoniche gli restano soltanto l’uso della lingua e un buon bagaglio culturale, anche grazie ai suoi studi in letteratura tedesca. Con la guerra agli sgoccioli, viene inviato in missione, «perché parla tedesco e ha la patente»: Hansen parte per la Germania nel 1945 ed è assegnato all’inchiesta sul progetto eutanasia che era stato condotto nel Reich. Gli affidano il compito d’intervistare Karl Wagner, testimone delle attività del defunto Alfred Ploetz, che era stato a sua volta uno dei fondatori del concetto d’igiene della razza alla base del sistema di sterminio delle vite «indegne di essere vissute».
L’ambizioso obiettivo di Timm è d’individuare il germe originario della teoria sterminatrice sull’igiene della razza all’interno di un ideale egualitario e solidale. Lo scatto avverrebbe, ci suggerisce il libro, nel momento in cui il singolo perde il suo valore di fronte alla società o – con una parola che allarma i tedeschi e dovrebbe cominciare a insospettire anche noi italiani – il popolo, das Volk. Ploetz «non riusciva a fermare il proprio sguardo sul singolo individuo, ma doveva subito pensare in grande alla totalità: l’umanità»; il che comporta la disponibilità a sacrificare l’individuo per il bene di un’astratta «umanità nel suo complesso» e la rinuncia, per converso, all’«umiltà dinanzi […] all’esistenza di ciascuno». L’utopia di Cabet non ha (ancora) funzionato, dice Timm tramite Wagner, ma non è per la fallacia dell’ideale egualitario, bensì perché questo va integrato con la solidarietà: senza «una scuola di dialettica che eviti l’offesa e l’umiliazione personale», non c’è società che tenga.
Recensione completa su Alfabeta2
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore