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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2013
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Non è la fine della storia profetizzata da Fukuyama vent’anni fa, quella di cui Žižek racconta nel corpus bulimico della sua opera, che cresce di giorno in giorno e sempre più ci appare sponda bibliografica alla mole torreggiante del cosiddetto “gigante di Lubiana” .
No: la storia continua a fare placidamente il suo corso, anche dopo la fine della guerra fredda e in pieno climaterio globalizzante.
È che a furia di gridare “Al lupo! Al lupo!” a qualunque stormir di fronda che venisse dall’esterno delle nostre turrite cittadelle di benessere, abbiamo finito col credere davvero che il lupo fosse un altro, invece che cercarne il pelo e i vizi dentro di noi, e ora che il sistema si sta rivelando corroso sin dalle fondamenta e pare in procinto di implodere, non possiamo far altro che scrivere un bel coccodrillo, sederci sulla sponda del fiume e aspettar di vedere passare il nostro cadavere, sospinto da una corrente impetuosa e con gli occhi sbarrati per la sorpresa.
Referto dell’autopsia: il capitalismo è morto a causa di una dieta dissennata, troppi trigliceridi e fette di salame sugli occhi.
Naturalmente vedere il mondo come un “dentro” contrapposto a un “fuori”, o un “noi” opposto a un “grande altro” qualunque, è molto lacaniano, e quindi molto tipico di Žižek.
Ma quel che conta, con i libri di questo filosofo, è la capacità espositiva, talmente brillante e ricca di suggestioni eterogenee da rischiare a volte di offuscare la densità e la puntualità dei temi che Žižek sceglie di indagare.
Con “Meno di niente”, Žižek sembrerebbe aver deciso di prendere il toro per le corna, e gettarsi a capofitto nel suo opus magnum (opus del quale quella che abbiamo fra le mani è solo la prima parte. La seconda uscirà nel 2014): qui la modesta proposta è quella di spezzare il cortocircuito cui il capitalismo sembra essersi condannato, ripartendo da Hegel e dalla sua dialettica.
Ma come avvicinarsi a un testo tanto denso, e la cui comprensione approfondita richiede certamente una conoscenza non superificiale dell'idealismo tedesco, e in particolar modo della Fenomenologia dello spirito?
È lo stesso Žižek a suggerircelo: mettendoci innanzitutto a nostro agio, e sorseggiando un drink ("Il drink prima" è il titolo della prima parte del libro, parte che prelude a "La cosa stessa: Hegel") che disporrà il nostro spirito ad accogliere questa torrenziale ebbrezza materialistica.
Avvicinando il libro, insomma come si trattasse di un Hegel for dummies, e tenendo ben a mente che "ripetere" Hegel oggi, alla luce della mutazione storica verificatasi negli ultimi cinquant'anni, per il nostro significa necessariamente filtrare Hegel stesso attraverso Lacan.
Niente paura, però: il bello di Žižek è che a passeggiare con lui fra le rovine del presente, si torna sempre a casa più ricchi di come si era partiti. "La situazione è disperata", sembra sussurrarci all'orecchio con la sua inconfondibile esse blesa, "ma non è seria".
Intelligenza e humour sono dispensati a piene mani, e ci vengono somministrati in dosi non omeopatiche, così che alla fine di ognuno dei capitoli di cui si compone il libro, avremo l'impressione di aver fatto il pieno di stimoli e suggestioni grazie ai quali guardare con occhi un po' diversi e una consapevolezza nuova al mondo in cui viviamo.
A cura di Wuz.it
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