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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Mentre scrivo, 27/08/2024, vedo 108 recensioni di cui 19 con una stella. I commenti sottolineano la noiosita' del testo, troppi nomi, poca passione. Non sono d'accordo. La lettura e' stata piacevole e scorrevole, L'ho finito in pochi giorni. Nonostante la durezza dell'argomento, Arslan riesce attraverso profumi, cibi, oggetti, immagini, a farti entrare pienamente in quell'angolo di medioriente. Ho vissuto in Turchia e visitato Armenia e Caucaso, conosco l'argomento, quindi forse sono di parte. Tuttavia lo ritengo una buona lettura, mi e' piaciuto molto.
Uno spaccato di storia poco conosciuto, un popolo distrutto dall'orrore della deportazione. Da leggere assolutamente. Straordinario
Un libro che racconta magistralmente il mondo degli armeni di inizi '900 e della tragedia che li ha travolti. Un mondo orientale integrato con l'impero Ottomano. Eppure un mondo già connesso con l'occidente, anche grazie alla prima ondata di Armeni che, dopo gli eccidi di fine '800, avevano lasciato le loro terre. In questo caso la relazione è con l'Italia, il Veneto in particolare. Si parla sempre di persone mosse dalla curiosità per "l'altro mondo" o la nostalgia per le radici. La prosa è tanto ricca nel descrivere gli ambienti, le sensazioni e le vite dei protagonisti quanto secca del raccontare il genocidio. E' proprio questa narrazione cupa, cronacistica che mi ha colpito, rendendo all'osso la più tragica delle storie. Un'opera che racconta eventi ai più sconosciuti e che consiglierei a tutti.
Recensioni
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“Ora deve agire, da sola. Suo padre David Zacharian, il leggendario mercante che aveva percorso tutte le strade, l’aveva avvertita, il giorno delle sue nozze: “C’è un momento, nella vita di ogni donna armena, in cui la responsabilità della famiglia cade sulle sue spalle. Noi moriremmo, per evitare questo peso alle nostre perle, alle nostre rose di maggio: e infatti moriamo”.
Chi ha letto con passione I quaranta giorni del Mussa Dagh, l’epopea di Franz Werfel sul genocidio degli armeni da parte dei turchi durante la prima guerra mondiale, ritroverà nel bellissimo romanzo di Antonia Arslan La masseria delle allodole un frammento della stessa vicenda, ricostruita da una discendente italiana sul filo delle memorie familiari.
È la saga degli Arslanian, di due fratelli che con le loro scelte differenti hanno forgiato per i loro figli due destini tragicamente opposti, di vita e di morte.
Il fratello maggiore, Yerwant, lascia l’Armenia da ragazzo, studiando a Venezia e diventando medico di successo a Padova, dove sposa una nobildonna e ne ha due figli. Il fratello meno avventuroso e più legato alle tradizioni familiari, Sempad, rimane nel villaggio natale in Anatolia, dove riveste uno status preminente, facendo della sua farmacia una finestra sulle novità occidentali. La sua numerosa famiglia incarna i valori e la cultura del popolo armeno, come l’ospitalità festosa, l’intraprendenza mercantile, la religiosità tollerante.
Dopo molti anni di lontananza, nel 1915 i due fratelli combinano una rimpatriata: Yerwant con la famiglia si accinge a tornare in Anatolia con due automobili, carico di doni e di nostalgia. Sempad arreda prestigiosamente la “masseria delle allodole”, la villa in campagna, preparando un’accoglienza memorabile. Ma lo scoppio della guerra spezza all’improvviso ogni progetto e consegna l’intero popolo armeno allo sterminio: i turchi, alleati dei tedeschi, attuano il mostruoso piano di eliminazione delle minoranze etniche.
Massacrati tutti i maschi, compresi i bambini, le donne armene, fra cui la moglie e le figlie di Sempad, saranno deportate e trasferite ad Aleppo in un esodo atroce e spietato, destinate a un’inesorabile “soluzione finale”. Grazie all’avventuroso intervento di amici fedeli, per le figlie di Sempad si apre in extremis una via di fuga e il romanzo, teso come un thriller ed emozionante come una storia d’amore, si conclude, in un salto temporale, con la voce della narratrice, la nipote Antonia, che intrecciando storia e poesia, colori, suoni e profumi, ha saputo incidere la sua vicenda familiare nella memoria collettiva.
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