Il linguaggio è una delle più straordinarie caratteristiche umane. A soli quattro anni un bambino conosce migliaia di parole e ha la capacità di costruire frasi così complesse, dal punto di vista grammaticale e sintattico, da surclassare la più potente intelligenza artificiale. Può una struttura così articolata crearsi da zero, per pura imitazione degli adulti, come hanno ritenuto in molti? Già negli anni Sessanta Noam Chomsky aveva risposto con un'ipotesi ardita: a tutte le lingue del mondo è sottesa una stessa "grammatica universale" e il cervello del bambino, fin dalla nascita, è predisposto a usarla. Steven Pinker va oltre e dimostra che non solo l'uomo ha un istinto ereditario del linguaggio, ma che questo istinto, come la proboscide dell'elefante, è frutto dell'evoluzione naturale. Esistono allora i geni del linguaggio? Sì, è la risposta rivoluzionaria di Pinker. Di più: esiste un linguaggio mentale astratto, il "mentalese", che dà forma ai pensieri e che noi traduciamo, di volta in volta, nella nostra lingua madre. In un mondo di sempre più frequenti e profondi scambi non sempre pacifici tra culture diverse, la teoria di Pinker rende meno incolmabili le distanze, delineando una nuova e più unitaria visione dell'uomo.)
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