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È un perfetto esercizio di stile, quello dell'autore, che ha creato un marchingegno tale da trascinare il lettore in continui passaggi di punti di vista, in continui cambiamenti di narratori - rendendo, ad un certo punto, lui stesso un personaggio - con eleganza perfetta ed estremo coinvolgimento.
Ho appena finito di leggere Invisibile,non conoscevo Auster,un capolavoro....
Senza dubbio il miglior Auster che abbia letto.
Recensioni
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Quando parla di Andy, il fratellino scomparso in un laghetto del New Jersey il 10 agosto 1957, Adam Walker annota, nel suo racconto in seconda persona: "Sono ormai dieci anni che lui vive questa esistenza vicaria dentro di voi, un fantasma cresciuto in un'altra dimensione, che è invisibile ma respira, respira e pensa, pensa e sente". Adam e sua sorella Gwyn sono a New York, in un appartamento in affitto tra Broadway e Amsterdam Avenue, una sera afosissima d'estate, e rievocano come ogni anno la perdita di quel "nanetto furbacchione coi pannolini bagnati" che sembrava essere entrato nella famiglia per farli divertire: una tragedia che si stratifica di strazianti lacerazioni, ma che crea paradossalmente un'anomala, rinnovata intimità tra i due ragazzi rimasti a condividerne il ricordo. E mentre il personaggio invisibile aleggia nella memoria, quell'intimità di Adam e Gwyn prende una piega imprevista, ripercorrendo il primo "grande esperimento" di iniziazione sessuale che li aveva visti insieme già adolescenti. Ma questa volta l'incontro perde ogni innocenza per diventare incesto a tutti gli effetti, un incesto senza più regole, gustato per oltre un mese e raccontato nei minimi particolari come se fosse il perfetto compimento di un amore assoluto, nella piena ed esaltante condivisione di fisicità e parola. Amore così perfetto e struggente perché non dato, non concesso e non credibile pur nella sua evidenza.
E forse neanche reale, all'interno della narrazione che leggiamo, perché se questa storia sia realmente avvenuta, o se sia frutto dell'immaginazione di un aspirante scrittore in punto di morte, non è possibile saperlo. Ogni evidenza, infatti, ogni effetto di reale si frantuma continuamente nel corso della moltiplicazione dei piani narrativi e dei palinsesti che compongono quest'ultimo romanzo di Paul Auster, non a caso intitolato Invisibile, che in italiano leggiamo nella versione di Massimo Bocchiola (traduttore di Bukowski, Amis, Pynchon, DeLillo e altri), finissimo nel cogliere e trasmettere i ritmi variabili e i bruschi cambiamenti di registro e stile che compongono il testo. Un romanzo in cui tutto ciò che continuamente si scrive, si cita e si legge finisce per sopravvivere come il ricordo di Andy nei cuori dei suoi fratelli, e come la descrizione concitata di questo incesto narrato da Adam e poi cancellato dalla memoria di Gwyn: negato, o forse mai esistito, appunto, ma proprio per questo cocciutamente tenace, incisivo e vivido alla lettura.
Nel 2007 Adam Walker, sessantenne e malato di leucemia, consegna un manoscritto a James Freeman, suo compagno di università alla Columbia nel 1965 e ora scrittore affermato. Lo prega di leggerlo, specificando che "non è un'opera di fantasia". Freeman vi ritrova tre parti: l'una narrata in prima persona dall'amico, ambientata a New York nella primavera del 1967 e incentrata sull'incontro di Walker, ventenne, con Rudolf Born, ambiguo professore francese, e con la sua compagna Margot, sulla seduzione di quest'ultima e sugli inganni e l'ipocrisia assassina del primo; la parte successiva è in seconda persona, dedicata all'estate di quello stesso anno, alla convivenza di Adam con la sorella Gwyn e all'incesto che li unisce; l'ultima, in terza persona, racconta delle vicende dell'autunno che segue, quando a Parigi si ricongiungono le vite di Walker, Margot e Born che nel frattempo ha un'altra compagna, Hélène, con una figlia liceale, Cécile.
A dispetto dell'intreccio denso e frenetico, il lettore è ogni volta interrotto dagli stacchi in cui Freeman lo riporta al presente e alle proprie impressioni: "Fascino, divertimento, seguiti da un crescente turbamento e infine dall'orrore". Ma il presente diventa narrativo a sua volta, nel racconto dove riemerge e si commenta il testo, e nella parte finale in cui, dopo la morte di Walker, Freeman torna a Parigi e si mette sulle tracce del passato dell'amico scomparso: ritrova Cécile e lascia che siano le parole del suo diario a testimoniare gli ultimi ricordi su Born e su tutti quei personaggi che, ormai morti, restano come spettri, "non hanno più sostanza che i fantasmi".
Certo, la rottura della linearità, il citazionismo, la moltiplicazione di piani e dei fuochi e la continua riscrittura dei testi non sono fenomeni nuovi nella letteratura contemporanea. Ma a dare forza all'espressione che riesce sempre convincente e viva, nonostante qualche picco di eccessivo, labirintico, intellettualismo è qui piuttosto il paradossale incontro tra l'energia dell'immagine e il presupposto dell'invisibilità, tra ogni presunta verità e la sua cancellazione. In questo senso l'indagine letteraria si fa inevitabilmente thriller, come suggeriscono le parole di Cécile e di Born nelle ultime pagine di diario, un thriller instancabile e infinito (come infinito è il testo letterario stesso, scriveva Roland Barthes, un presupposto qui molto evidente) che nulla concede al sensazionale, ma somiglia piuttosto alla vertiginosa indagine di Edipo in se stesso e nel proprio tragico errore. Lo testimoniano i due fulcri della narrazione intorno a cui ruota Adam Walker: il personaggio di Rudolf Born, seduttore e presunto assassino, e l'episodio dell'incesto, che funzionano come un buco nero in cui tutta la narrazione converge e precipita.
Non è un caso che la prima immagine di Rudolf Born ("una faccia, per così dire, generica, una faccia che in mezzo a qualsiasi folla sarebbe diventata invisibile"), ovvero la figura "paterna" che segna la crescita di Walker e gli sviluppi di tutta la sua vita reale e letteraria, evochi quella del Bertran de Born non solo ricordato come poeta provenzale ma come personaggio dantesco, nel canto XXVIII dell'Inferno: il poeta che tiene per i capelli la propria testa recisa che ondeggia avanti e indietro come una lucerna, punito per avere diviso il re Enrico II da suo figlio, e ora diviso da se stesso, e di sé nemico. Una raccapricciante mise en abîme della vicenda raccontata da Adam e della letteratura stessa così come emerge dal romanzo, con le sue cancellazioni e spaventose illuminazioni.
Chiara Lombardi
Non è facile capire Paul Auster. Uno dei più promettenti scrittori americani, nato a Newark qualche anno dopo il suo illustre concittadino Philip Roth e autore, tra l'altro, della Trilogia di New York e di Follie di Brooklyn, lascia ad ogni lettura la netta sensazione di aver dissimulato, piuttosto che simulato, qualcosa di determinante per la comprensione del racconto.
Una narrazione spesso ellittica, in cui i piani narrativi si intersecano e si confondono attraverso la commistione di varie voci narranti e l'uso di diversi tempi verbali e punti di vista. Una complessità che sembrerebbe architettata ad arte per disorientare il lettore distratto, mentre necessiterebbe di un coinvolgimento totale e rapito. Solo in rari casi è la narrazione stessa ad assolvere a questo compito, molto più spesso l'autore deve ricorrere a una serie di artifici per carpire l'attenzione del lettore, ma questo non è il caso di Paul Auster: questa è una vicenda che, nonostante il raccapriccio, la brutalità e l'orrore, ha un'incredibile forza magnetica.
Siamo nel 1967 e New York è una metropoli in fermento che sta per essere percorsa da un irresistibile vento di cambiamento. Adam Walker è uno studente di letteratura e un aspirante poeta bellissimo, robusto e con un'intelligenza fuori dal comune. Durante un noioso party universitario incontra una coppia "diabolica" di francesi giunti da poco in America. Lui, Rudolf, è un professore in visita alla Columbia University esperto di politica internazionale. Lei, Margot, è una donna bellissima, imbronciata e altera. La coppia finirà per coinvolgere il giovane studente nelle sue contorte dinamiche, stuzzicando i suoi istinti più infimi e i suoi pensieri più sordidi. Ma quello che potrebbe sembrare un romanzo di formazione e di progressiva corruzione, come nella migliore tradizione del romanzo contemporaneo, si trasforma progressivamente in un pastiche di riferimenti e citazioni letterarie, dove autori come Conrad, Fitzgerald, Dostoevskij e personaggi indimenticabili come Barney Panofsky convivono.
Di fronte all'orrenda scoperta di un delitto insensato e incomprensibile, Adam si ritrova improvvisamente a fare i conti con la moralità e la responsabilità, con l'atroce ricordo della morte di suo fratello e con il bruciante desiderio di possedere sua sorella. Una vicenda che assume i contorni della tragedia greca, ma che nulla ha a che vedere con il folle vaticinio tipico del corifeo. L'uomo che racconta l'incredibile anno 1967 in tutta la sua portata eversiva è un uomo lucido e freddo di fronte alla morte. Prima di ultimare la sua autobiografia, consumato dalla leucemia, Adam Walker contatterà il suo vecchio amico Jim, diventato uno scrittore famoso, che si farà carico di ultimare e pubblicare il manoscritto. Prima però ci sarà da comprendere fino in fondo l'animo di un uomo invisibile, di colui che si cela nelle pieghe del romanzo, che anela e lotta contro se stesso e i suoi istinti e che affermando se stesso di fatto nega la possibilità del reale.
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