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Titolo: IndignazioneAutore: Roth PhilipEditore: Giulio Einaudi EditoreData: 2009Torino, Tela con sovracopertina illustrata, in 8°, 136, Prima edizione
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Magistrale, come tutto ciò che esce dalla penna di Roth.
È il primo libro di Roth che ho letto e ne sono rimasto entusiasta. Scorre fluido e invoglia alla lettura. Sembra quasi un giovane Holden in versione più matura.
Roth entra nelle pieghe più riposte della psicologia del suo personaggio, che ci appare come un agnello sacrificale, come colui che ha un destino segnato da una consuetudine che, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, ha continuato a vedere gli ebrei, anche se cittadini americani, come carne da macello. La metafora del sangue, della mannaia che il padre del ragazzo impugna per eseguire i tagli rituali della carne perchè sia kosher,e dunque pura, ricorre in tutto il breve ma commovente romanzo: romanzo di iniziazione, si sarebbe portati a dire, malgrado il terribile ed epico finale.
Recensioni
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Indignazione è un pugno sferrato allo stomaco del lettore. Romanzo breve, organizzato come una bomba a orologeria. Un Philip Roth assolutamente imperdibile.
Nel 1951 Marcus Messner, figlio di un macellaio kosher del New Jersey, si iscrive al college conservatore di Winesburg, nell’Ohio. Ha frequentato per quasi un anno l’università della sua città, Newark, ma quando il rapporto con il padre ansiogeno diventa per lui insostenibile, decide di prendere le distanze dalla famiglia. Marcus Messner è un ottimo studente, il migliore del suo corso. Lo studio è il suo primo pensiero. Durante il week end lavora come cameriere in un bar vicino al college per non pesare troppo sulle finanze dei suoi genitori. Un bravo ragazzo, Marcus Messner, che ha imparato il valore dell’onestà e del sacrificio lavorando nella macelleria del padre, dopo la scuola, nell’ultimo anno di liceo. Romanzo breve, poco più di centotrenta pagine, organizzato come una bomba a orologeria: sin dalle prime pagine si attende la fine, la tragedia.
Cosa provoca questa aspettativa in noi? Il senso di paura che pervade le pagine del romanzo. La paura si vince con l’intelligenza e con la ragione secondo il filosofo Bertrand Russell, di cui l’ateo Marcus si dichiara adepto. La paura è figlia delle religioni organizzate. Nel college conservatore e tradizionalista di Winesburg Marcus deve sopravvivere a un sistema che non intende lasciar fuori nessuno. Tanto meno chi come lui è dotato di capacità intellettive superiori alla media. Per quanto possa sembrare paradossale, Marcus si trova impossibilitato a rimanere incolume e innoquo ai bordi della comunità.
Avrebbe voluto solo studiare e lavorare.
Avrebbe voluto non entrare in nessuna confraternita.
Non frequentare la chiesa.
Laurearsi in fretta e con il massimo dei voti.
Fare l'amore con una ragazza prima di morire.
Evitare di morire in guerra come tanti suoi coetanei in quel 1951.
E tutto questo grazie a una continua ricerca del perfezionismo e dell’eccellenza personale. La sua resistenza a oltranza e il sistema cannibale entrano però presto in collisione, incapaci di coesistere nella stessa galassia.
Il meccanismo narrativo scelto da Philip Roth, provoca una germinazione di stimoli concettuali sul senso della paura e della morte di cui dicevamo prima. La compressione temporale della vicenda (tutto si svolge in un anno circa) e l'esigua presenza di flashback, non possono che causare una mutilazione del protagonista. È una regia crudele e atroce come una guerra. Ci sono i canoni rothiani: educazione ebraica, la presenza ingombrante della famiglia, il senso di colpa, l'erotismo, la fiducia nella ragione, la denuncia dell'antisemitismo. Ma Marcus non è Alexander Portnoy: non riusciamo a intenerici e a ridere. Questa volta siamo catturati da un senso di indignazione per la sorte di Marcus, un laureato ante litteram, che non vuole piegarsi al sistema e soccombe come un eroe moderno.
Recensione di Francesco Marchetti
"Arise, ye refuse to be bondslaves! Indignation fills the hearts of our countrymen, /Arise/Arise/Arise In piedi, voi che rifiutate di essere schiavi! L'indignazione riempie i cuori di tutti i nostri compatrioti."
Le parole dell'inno nazionale cinese continuano a girare nella testa del giovane Marcus Messner, mentre il decano Caudwell dell'università di Winesburg lo interroga nel proprio ufficio. Nella sua testa solo il vuoto e l'eco convulsa che le sillabe della parola IN-DI-GNA-ZIO-NE, quella che lui considera la più bella del vocabolario americano. è il 1951, e mentre la futura classe dirigente studia la storia nazionale e gioca a baseball, una massa di giovani senza futuro e senza speranza muoiono sul fronte coreano, in una guerra misconosciuta e inutile. Ma a Marcus non toccherà la stessa sorte tragica dei sui cugini maggiori e di tanti compatrioti, perché lui continuerà a studiare e a mantenere la media dei voti più alta del suo corso. Se guerra dovrà essere, sarà combattuta dalle retrovie e con un bel diploma in tasca. Sarà combattuta da ufficiale.
I Messner, macellai kasher di Newark, sono orgogliosi del loro unico figlio: intelligente e affidabile Marcus dà una mano ai sui genitori in macelleria, fa "quello che va fatto", compreso sviscerare i polli e comprare la carne al macello. L'estate prima di partire per il college, si sporca le mani di sangue e scopre che quel tanfo insopportabile di morte è entrato per sempre nella testa di suo padre, portandolo alla disperazione. Un uomo normale, il macellaio Messner, che all'improvviso e senza nessuna ragione apparente, viene sopraffatto dalla paura che possa capitare qualcosa di terribile a Marcus. Lo incalza, lo segue, non vive più. è per questo che il ragazzo decide di lasciare il Robert Treat di New York per trasferirsi nel piccolo College di Winesburg in Ohio, lasciando dietro di sé l'apprensione di suo padre, la sua indignazione, la sua macelleria e le sue origini ebraiche.
Ma, giunto nel Midwest, Marcus scoprirà un'altra faccia dell'America e una paura ancora più forte e rabbiosa: l'abisso che a volte si può incontrare riflesso negli occhi di una donna. Olivia, con i suoi tagli sui polsi, la sua vita spezzata in due dalla permanenza in un ospedale psichiatrico e la sua disinvoltura sessuale, lo spaventa come un tragico morbo. Anche lei, reduce da un conflitto, urla la sua indignazione, così come suo padre e come lo stesso Marcus, che nel conflitto si ritrova tramortito e narcotizzato, con in testa sempre lo stesso ritornello Arise/Arise/Arise
Un disprezzo che monta fino a traboccare fuori di sé e sulle foto esposte nell'ufficio del decano Caudwell.
Magistrale, come sempre, la scrittura di colui che viene considerato da molti il più importante scrittore americano vivente. Philiph Roth stavolta abbandona i personaggi attempati che avevano popolato i suoi ultimi romanzi per ritornare al mondo giovanile e all'ambiente accademico. Lo fa con il furore e l'impeto di una scrittura rabbiosa, che contiene l'amarezza di chi conosce già la fine, di chi guarda con occhio indignato la storia di un'intera generazione tragicamente in lotta con il mondo.
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