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Curata da Aldo Maria Morace, questa nuova edizione recupera fedelmente il testo originale del capolavoro alvariano e consente di cogliere, attraverso un ricco saggio introduttivo, il fascino lontano e conturbante delle origini.
Pubblicato nel 1930, Gente in Aspromonte è una delle più celebri raccolte di racconti della nostra letteratura. Narrando le vicende del microcosmo paesano, Alvaro ripercorre in realtà il tempo arcaico della società e della Storia, dominato da una primitività di passioni, ambienti e personaggi che nettamente contrasta con il sistema ordinato e composto della società civile. Violenza, sotto missione e vendetta sono il motore e il fulcro di quest'universo ancestrale che, immobile da millenni, è destinato all'estinzione.
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Corrado Alvaro è l'equivalente di Verga: un neorealismo narrativo rivestito di usi e costumi della Calabria; ma più che rivelarne la prosopopea, lo scrittore mette in luce con toni lirici una civiltà immota nel tempo, come se essa non intendesse in alcun modo riscattarsi. In questa raccolta di novelle, il popolo è trasversalmente e umanamente mitico ma non mitizzato: è senza tempo e senza prospettive. Al senso di abbandono si accompagna una sofferta rassegnazione soffocata dalla dittatura del destino, del fato avverso e della Storia, che comprime e forgia i temperamenti con i suoi corsi e ricorsi.
Corrado Alvaro è l'equivalente di Verga: un neorealismo narrativo rivestito di usi e costumi della Calabria; ma più che rivelarne la prosopopea, lo scrittore mette in luce con toni lirici una civiltà immota nel tempo, come se essa non intendesse in alcun modo riscattarsi. In questa raccolta di novelle, il popolo è trasversalmente e umanamente mitico ma non mitizzato: è senza tempo e senza prospettive. Al senso di abbandono si accompagna una sofferta rassegnazione soffocata dalla dittatura del destino, del fato avverso e della Storia, che comprime e forgia i temperamenti con i suoi corsi e ricorsi.
Corrado Alvaro è l'equivalente di Verga: un neorealismo narrativo rivestito di usi e costumi della Calabria; ma più che rivelarne la prosopopea, lo scrittore mette in luce con toni lirici una civiltà immota nel tempo, come se essa non intendesse in alcun modo riscattarsi. In questa raccolta di novelle, il popolo è trasversalmente e umanamente mitico ma non mitizzato: è senza tempo e senza prospettive. Al senso di abbandono si accompagna una sofferta rassegnazione soffocata dalla dittatura del destino, del fato avverso e della Storia, che comprime e forgia i temperamenti con i suoi corsi e ricorsi.
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