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«Corre dappertutto, felice sino alla punta dei capelli, e alla fine non diventa nulla, se non una gioia del lettore». Così Simon, protagonista dei Fratelli Tanner, viene descritto da Kafka, che ne fu uno dei primissimi e più entusiastici lettori. Simon ci appare, all’inizio, come un ultimo discendente della nobile stirpe dei «fannulloni» che, da Eichendorff in poi, hanno traversato la letteratura accompagnati dal soffio corrosivo dell’ironia romantica: cerca, trova e abbandona i lavori più vari (ma sempre anonimi e subalterni) con irresponsabile disinvoltura, si lancia in lunghe passeggiate, fantastica, si guarda intorno per le strade, scrive grandi lettere, attacca discorso, incrocia senza mai arrestarsi i suoi fratelli e tanti sconosciuti, dell’esistenza dei quali, proprio perché a nulla, o forse al Nulla, appartiene, riesce per un poco a partecipare così intimamente come neppure loro stessi saprebbero. Ma quando lo troviamo che scrive indirizzi in una copisteria per disoccupati, circondato da una schiera di rifiuti della società, riconosciamo in lui uno di quei diseredati su cui Dostoevskij fu il primo romanziere a fissare ossessivamente lo sguardo. Eppure non c’è in Simon neppure una punta del risentimento dell’«uomo del sottosuolo». Questo «disoccupato straccione» è un imprendibile spirito dell’aria, che prova meraviglia ogni mattina per l’esistenza del mondo, anzi ritiene che «si troverebbe tutto meraviglioso se si fosse capaci di sentire tutto, perché non può essere che una cosa sia meravigliosa e l’altra no».
La sua gioia è nel sentirsi «debitore» anche se non ha nulla e nulla gli viene dato. Ma proprio questo sconcertante modo di essere carica di una straordinaria intensità le sue esperienze. E quando dirà: «La lotta della povera gente per un po’ di pace, intendo la cosiddetta questione operaia», sapremo che, di là dalla loro mirabile ironia, queste parole sono fra le più dure e inappellabili che mai siano state dette contro la società. Come, all’inverso, dai discorsi della maga-direttrice di una «casa di cura per il popolo», che è insieme un luogo di ritrovo e un’immagine dell’utopia, ci renderemo conto che I fratelli Tanner non ci introduce solo, come sembrerebbe, a un «romanzo familiare» ma a una parola di cui forse credevamo di aver smarrito il significato, per l’inadeguatezza di chi la propugna e di chi la evita: fraternità.
Pubblicato nel 1907, questo primo romanzo di Walser raccoglie, come una lunga ouverture, abbandonata e felice, tutti i temi dell’opera del grande scrittore svizzero (di cui prefigura in un episodio, con cinquant’anni di anticipo, la morte in una solitaria passeggiata nella neve). La più bella definizione della sua forma rapsodica, toccata da un’impalpabile grazia, è nelle parole del poeta Morgenstern, che fra l’altro aiutò Walser a «ripulire» il manoscritto dei Fratelli Tanner: «Questo romanzo ha un qualcosa di sonnambolico, come, per così dire, si fosse scritto da sé. Per svariate ragioni, è per me una pura meraviglia, e se qui appare un genio spesso ancora immaturo e selvatico, tuttavia è un genio, cioè quel caso eccezionale e ogni volta incredibile di un uomo attraverso il quale la vita sembra scorrere come da una brocca gorgogliante».
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Non si tratta di un libro facile. Non c’è una vera storia e il protagonista Simon (uno dei fratelli del titolo) è un perdigiorno che, pur con qualche tratto accattivante, si presenta subito come irredimibile. Quello che ama fare sono lunghe passeggiate nella natura (di cui si sente parte e che descrive magnificamente) e il godersi l’ozio, nella convinzione che, essendo ancora giovane, avrà sempre tempo per cambiare. Il racconto è un susseguirsi di lavori intrapresi dal protagonista con entusiasmo e lasciati perché ritenuti insopportabili nel giro di pochi giorni, di case abitate solo temporaneamente e di discorsi fatti per lo più con sconosciuti in incontri occasionali, discorsi a volte molto acuti e con il gusto dell’ironia e anche del paradosso, a volte, a mio parere, piuttosto sconclusionati e puerili. I fratelli di Simon (tre uomini e una donna) sono figure appena accennate, con cui il protagonista sembra avere rapporti frammentari e privi di vero interesse come per i lavori e le case che cambia di continuo. La miglior descrizione della famiglia di Simon Walser la fa nelle ultime (bellissime) pagine del libro. Insomma un (primo) romanzo quello di Walser a mio parere con pregi e difetti, che ho fatto un po’ fatica a finire. Nonostante questo mi è rimasta la curiosità di leggere almeno un altro romanzo (magari dell’età matura) di questo autore che sembra aver molto da dire, ma che in questo suo esordio letterario (scritto a 27 anni) non sempre lo fa in modo convincente. Per chi non conoscesse Walser consiglio, prima di iniziare una sua opera, di vedere cos’è pubblicato su di lui su YouTube. In un’offerta non ricchissima, c’è la registrazione di un dibattito di poco più di un’ora registrato nei primi anni Ottanta con interventi molto interessanti (tra gli altri) di Roberto Calasso e Claudio Magris.
Questo non è un libro, anche se del libro possiede tutte le forme esteriori. Qui il lettore non troverà una storia, ma un testamento minuzioso, fatto di monologhi, balbettii, soliloqui, dialoghi torrenziali e confessioni insperate. Se Robert Walser fosse stato uno scrittore, avrebbe scritto un libro normale, di quelli che si leggono e si trovano normalmente. Siccome era Robert Walser, decise di scrivere questo libro.
Romanzo del 1907 dove è raccontata la storia del giovane Simon Tanner, della sorella Hedwig e dei suoi tre fratelli, Klaus, Emil e Kaspar. É un libro ironico e pungente che ruota attorno al fannullone Simon, assorbito dalla vita, che la ama al punto di non voler perdersi nulla di essa, anche per le piccole cose, siano esse felici o infelici. Un giovane contemplativo che si perde nei suoi sogni. Bisogna ricordare che Walser, nei suoi libri, ci parla indirettamente di sé stesso, della sua personale visione del mondo e della vita, quindi nelle sue trasposizioni letterarie occorre rammentarlo, poiché se si vuole intendere meglio questo scrittore e la sua opera, è bene leggere anche della sua vita.
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