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I figli del capitano Grant - Jules Verne - copertina
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I figli del capitano Grant - Jules Verne - copertina

Descrizione


I figli del capitano Grant nel 1867-68 aprì la Trilogia del capitano Nemo. Il volume è illustrato con 16 tavole a colori.
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Dettagli

1995
1 gennaio 1997
XLVIII-553 p., ill.
9788806139247

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OskarSchell
Recensioni: 5/5

Molto coinvolgente, come tutti i romanzi - o quasi - di Verne!

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AG
Recensioni: 5/5

Ho appena finito di leggere un'edizione vecchissima di questo splendido romanzo. La solita edizione "per ragazzi", trovata in un mercatino, orribile. Perchè Verne sia così maltrattato dall'editoria per me è un mistero. La letteratura di Verne è "per ragazzi"??? Ho quasi 40 anni e godo a leggere questa roba "per ragazzi". Se a scuola si studiasse di più Verne e meno "letteratura ufficiale" barbosa, forse il mondo sarebbe migliore, senza esagerare. Devo ammettere che anche il titolo non mi attirava tanto. Avrei preferito un titolo più accattivante ("ALLA RICERCA DEL CAPITANO GRANT"). L'ho letto perchè fa parte della strana trilogia con "20.000 leghe sotto i mari" e "l'isola misteriosa". Strana perchè i tre romanzi sono completamente slegati, a parte pochi personaggi che ritornano. Sono invece legati dallo stile e soprattutto dalle trame travolgenti. Appena iniziano, questi romanzi ti trasportano in un altro mondo e ti fanno vivere in prima persona le avventure più impossibili ed esaltanti. Si è proiettati nel passato di 150 anni e subito ci si adatta perfettamente e si fa parte in prima persona dell'avventura. C'è poca analisi psicologica dei personaggi, ma il vortice degli eventi non dà requie. Si legge in preda all'ansia di sapere cosa succederà nella pagina successiva. Grandissima letteratura. Le uniche trame che si avvicinano a Verne come "vortice di eventi" mi sembrano (con le dovute proporzioni), quelle di Clive Cussler, che seppure ripetitivo, credo che abbia "masticato" parecchio Verne come lettore. Da leggere obbligatoriamente. Quale altro romanziere ha infilato in 12 anni (dal 1863 al 1875) una serie comparabile di incredibili capolavori?

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Voce della critica

VERNE, JULES, Ventimila leghe sotto i mari (vol.II

VERNE, JULES, L'isola misteriosa (vol.III

VERNE, JULES, I figli del capitano Grant (vol.I)
recensione di Bertini, M., L'Indice 1996, n. 4

Senza precedenti per la ricchezza dell'apparato di note che accompagna una traduzione elegantissima, questa preziosa edizione della "trilogia del capitano Nemo" offre al lettore italiano un'occasione eccellente per riavvicinarsi a un'opera che troppo spesso è giunta sino a lui soltanto impieto-samente scorciata, mutilata da drastici colpi di forbici intesi a eliminare ogni digressione enciclopedica, ogni excursus storico-geografico, ogni enumerazione sospetta di ottocentesca pedanteria.In realtà, l'incanto più sottile e coinvolgente della narrazione verniana sta proprio nel continuo alternarsi di voci narrative che hanno tempi diversi: il lettore, ora arrancante in salita sul versante di un'arida nomenclatura, ora precipitato invece a folle velocità di peripezia in peripezia, sperimenta l'esatto equivalente letterario di un viaggio sul più spericolato degli ottovolanti.Cancellare da questo viaggio i tempi morti del rallentamento, dell'ascesa faticosa, equivale a privare d'ogni fascino anche il momento vertiginoso della discesa: l'avventura affidata, nelle edizioni ridotte, a una rapida narrazione uniforme, si affloscia tristemente, perde quota, precipita come la colomba citata da Kant, cui solo la resistenza dell'aria, che in apparenza pareva ostacolarla, consentiva in realtà di volare.
In questa edizione integrale accuratissima, l'avventura può invece spiccare il volo e sedurci lungamente, ora planando con calcolata lentezza, ora tuffandosi in picchiata sino a spezzarci il respiro.Il suo ritmo è il più riconoscibile suggello dell'arte verniana; il lettore bambino - cui tanti termini restano oscuri - vi si abbandona al pari dello scaltrito critico post-strutturalista, ed entrambi trovano, immersi in un testo inesauribile, la felicità di un'inesauribile esplorazione.Sarebbe d'altronde impossibile indicare, nel complesso dell'opera di Verne, un testo che sintetizzi, meglio di questa trilogia, tutte le più rilevanti sfaccettature dell'arte del romanzie-re: l'ha ben messo in rilievo, nella sua utilissima "Introduzione a Verne" (Laterza,1995), Bruno Traversetti.
Nel primo romanzo del ciclo, "I figli del capitano Grant", si dispiega il tema grandioso del viaggio intrapreso, tra mille ostacoli, attraverso i più vari sfondi geografici.Muovendo alla ricerca di un esploratore, il capitano Grant, le cui tracce sembrano sparire nel nulla, i protagonisti non possono non farsi esploratori a loro volta, e le loro drammatiche vicissitudini tra naufragi e tribù antropofaghe, fiumi in piena ed eruzioni vulcaniche, sembrano ripercorrere, riassumendola, l'epopea di tutte le esplorazioni che l'uomo occidentale ha tentato da secoli, nel suo sforzo di appropriazione del mondo intero. L'epopea potrebbe facilmente trapassare in retorica, in indigeribile apologia; se questo non avviene, è perché l'arte verniana cela un germe d'irrecuperabile bizzarria, di follia inconciliata che la contrappone radicalmente a ogni pedagogia della normalità.
Questo germe di bizzarria è rappresentato, nei "Figli del capitano Grant", dal crittogramma che mette in moto tutta l'azione del romanzo.Iprotagonisti muovono alla ricerca del capitano disperso sulla base di un documento, una richiesta d'aiuto che il naufrago ha chiusa in una bottiglia e gettata nell'oceano; ma l'acqua marina, cancellando buona parte del messaggio, l'ha trasformato, appunto, in una sorta di crittogramma, su cui deve esercitarsi la perspicacia dei soccorritori, trasformati dalla necessità in enigmisti.Sarà il geografo Paganel - che assomma in sé, sorta di ossimoro vivente, il massimo dell'attendibilità erudita e il massimo della distrazione possibile - a decifrare il problematico documento; ma tre successive interpretazioni, tutte egualmente plausibili, tutte egualmente errate, trascineranno di continente in continente gli eroi disorientati della diffici-le ricerca, sino a un improbabile successo finale, determinato non dall'abilità n‚ dalla dottrina di Paganel, ma, per un caso singolarissimo, proprio dalla sua incommensurabile distrazione.
Se il grano di follia che nell'intreccio del romanzo esorcizza ogni immagine convenzionale dell'eroismo non fosse a questo punto abbastanza visibile, Verne lo fa emergere nell'esilarante finale: nelle ultime pagine del romanzo, il geografoPaganel si aggira chiuso in una palandrana ben abbottonata e rifiuta ostinatamente di scoprire, fosse pure nelle giornate più torride, anche un solo centimetro del petto. Tanto inusitato pudore ha una spiegazione alquanto mortificante per lo scienziato che dovrebbe incarnare la dotta coscienza dell'Occidente civilizzatore: "Nei tre giorni di prigionia trascorsi presso i Maori Paganel era stato tatuato da capo a piedi e recava sul petto l'immagine araldica di un kiwi ad ali spiegate che gli beccava il cuore".Se dal mondo di Verne trarranno spunti surreali tanto Raymond Roussel quanto Georges Perec, è perché dietro una superficie di icone oleografiche supremamente edificanti si celano, come le fiamme di quei vulcani carissimi al romanziere, sulfurei giacimenti del più sofisticato humour noir.
"Ventimila leghe sotto i mari", dopo gli spazi aperti dei "Figli del capitano Grant", offre al lettore l'esperienza claustrofilica per eccellenza: dal ventre del Nautilus - "caverna adorabile" nella quale, ha scritto Roland Barthes, "la soddisfazione della reclusione raggiunge il parossismo" - contempliamo i fondali oceanici come gli scenari di uno smisurato diorama.A queste suggestioni contemplative succederà, nell'"Isola misteriosa", il dispiegarsi di un'attività frenetica: capeggiato, non a caso, da un ingegnere americano, un gruppetto di naufraghi ripercorrerà, su di un'isola ignorata dalle carte geografiche, il cammino della specie umana dalla preistoria alla tecnologia moderna, in un tripudio d'ingegnosità, di coraggio e di tenacia.
A scongiurare ogni tentazione realistica, veglia dal suo Nautilus sui protagonisti operosi il grande giustiziere, il capitano Nemo; e sullo sfondo, a rimuovere ogni facile ottimismo, un minaccioso vulcano si prepara a spazzar via, nell'apocalittico finale, tutto l'armonioso microcosmo delle loro laboriose realizzazioni.

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Conosci l'autore

Jules Verne

1828, Nantes

Jules Verne è stato uno scrittore francese. Figlio primogenito di un avvocato, a lui spettava di proseguire la professione del padre. Ma fin da ragazzo rifiutava gli studi e si aggirava per la città e le banchine del porto, avido di racconti marinari e avventurosi. Il fratello Paul, più fortunato, potè seguire la sua vocazione e arruolarsi in marina per poi viaggiare, come aveva sempre sognato insieme a Jules. Questi invece, dopo una breve avventura - quando dodicenne riuscì a imbarcarsi su un mercantile diretto in America, venendo subito scovato, redarguito e rispedito a casa – venne mandato a Parigi per seguire gli studi di giurisprudenza. Ma il ragazzo non si applicava e questa negligenza incrinò presto i rapporti con il padre, che gli tolse...

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