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Un po’ cabarettista, un po’ cantautore, Federico Salvatore è sempre stato un artista eclettico e originale nel mondo dello spettacolo italiano. Il suo “esser napoletano” ha contribuito non poco a creare dei personaggi e dei modi di dire (“Azz!”) che, a distanza di anni, non gli si scollano ancora di dosso. A cinque anni dall’ultimo disco, Dov’è l’individuo?, Salvatore continua a percorrere la strada della purificazione da quella “macchietta”, che pur tanto gli ha dato, pubblicando un album dal titolo emblematico: Fare il napoletano... stanca!. È subito evidente la maturità acquisita dal nostro che si propone come originale “chansonnier” con il gusto, mai perso, per le storie grottesche e autobiografiche. Per avere un’idea più approfondita del suo nuovo percorso artistico, oltre che esistenziale, basta ascoltare La rosa sbocciata nera, metafora grottesca ispirata da Gomorra di Roberto Saviano e dai boss della camorra di Bruno De Stefano, o l’esilarante La macchia; mentre Nella piccola bottega della vita è un personale “punto di vista” sull’esistenza umana. Il quartetto d’archi dei Solis String Quartet ha arrangiato e suonato in Senz’arte né parte, impreziosendo il progetto già di per sé egregiamente realizzato. A chiusura una nuova versione della canzone-denuncia Se io fossi San Gennaro, originariamente contenuta nell’album L’osceno del villaggio del 2002.
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