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Molto bello e scorrevole. Non avevo grosse aspettative per questo titolo, ma mi sono dovuta ricredere. Consiglio
Sebbene lo ritenga un libro apprezzabile non mi ha elettrizzata. È stato bello vedere Eleanor trasformarsi e aprirsi a poco a poco, tuttavia non riesco a condividere l'entusiasmo della maggior parte dei lettori; probabilmente non è nelle mie corde.
Eleanor è un personaggio difficile, sola e scontrosa, profondamente disturbata. Ha bisogno degli altri per riuscire a vedersi. L’autrice deve aver fatto un lavoro enorme per coglierne i tratti caratteristici. La storia è “spessa”, O la odi o la ami. Io l’ho amata, e mi spiace che non si scriva un sequel!
Recensioni
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“quanto più una persona diventa solitaria, tanto meno diventa capace di navigare le correnti sociali. La solitudine le cresce attorno, come muffa o pelo, un profilattico che inibisce i contatti, a prescindere dall’intensità con cui li desideriamo” (La città solitaria, Olivia Laing).
Non è un caso che l’autrice abbia deciso di anteporre questa citazione al suo primo romanzo. Infatti, Eleanor Oliphant è una persona profondamente sola. Niente amici, nessun compagno, neanche un tentativo di avvicinamento con i colleghi che vede ogni giorno da ormai nove anni. Le sue uniche comunicazioni con il mondo esterno sono rappresentate dalla telefonata settimanale con la madre e dai monologhi con cui intrattiene Polly, la piantina che accudisce da tempo nel suo appartamento.
Com’è possibile per un essere umano vivere in un tale isolamento? E quali possono essere le ragioni che spingono ad una chiusura così radicale? A lasciare ancora più perplessi è il fatto che Eleanor sembri trovare assolutamente normale la sua condizione; lei sostiene di stare bene. Anzi, benissimo. Gail Honeyman risponde a queste domande svelando a poco il travagliato passato di Eleanor: una madre crudele ha lasciato nella sua mente e sul suo corpo ferite difficili da rimarginare, che poi hanno spinto Eleanor a credere che fosse accettabile convivere con un uomo che ha finito col romperle un totale di dodici ossa. Rimbalzata da una famiglia affidataria all’altra, Eleanor non ha mai conosciuto l’amore, e alla fine ha deciso di ritirarsi nella sicurezza delle sue abitudini invariabili e nei fine settimana annebbiati dalla vodka.
I cambiamenti iniziano quando un giorno, per un caso fortuito, Eleanor è costretta a far affacciare qualcuno sul suo mondo, e questo qualcuno le fa scoprire qualcosa che lei non era nemmeno in grado di immaginare: la gentilezza, quella autentica, disinteressata e sincera. Il guscio allora inizia lentamente a schiudersi e, non senza difficoltà, Eleanor inizia a svelarsi agli altri e a se stessa, esplorando quelle parti della sua vita che fino ad allora si era sforzata di ignorare.
Gail Honeyman è stata capace di creare una protagonista nei confronti della quale è impossibile non provare istantanea empatia, in grado di strappare sì qualche lacrima, ma anche tanti sorrisi, grazie alla sua ironia pungente e alla goffaggine adolescenziale con cui si butta alla scoperta del mondo. Fortunatissimo esordio per Honeyman, il romanzo è già stato tradotto in 35 paesi.
Recensione di Elisa Valcamonica
Honeyman, picconare solitudine e demoni interiori
«Ci si abitua a stare da soli. A dire il vero, è molto meglio che essere prese a pugni in faccia o stuprate». Eleanor Oliphant la pensa così. E dice anche cose, in modo un po’ forbito, tipo: «Non possiedo un cellulare sebbene sia disponibile a farmi persuadere riguardo alla loro efficacia». E, più avanti, lo avrà, un telefonino. Una giovane donna, scozzese, sembra sprizzare normalità da ogni poro. Sembra. Ha trent’anni, vive da sola, fa la contabile, ha una cicatrice in viso, ogni sei mesi riceve la visita di un’assistente sociale, è convinta che «non può essere riparata», parla quasi esclusivamente con una piantina a casa, si è presa una cotta adolescenziale per un cantante rock di una band locale. Ha trascorso gli ultimi nove compleanni, Natali e capodanni da sola; ai tempi dell’università aveva una relazione con un certo Declan, un tipo violento capace di spaccarle dodici ossa, ma solo al secondo braccio rotto aveva capito che «le persone che ti amano davvero non ti fanno del male». Ragione e sentimento è uno dei suoi cinque libri preferiti. Il libro di cui è protagonista è Eleanor Oliphant sta benissimo (344 pagine, 17,90 euro), l’ha scritto Gail Honeyman, una debuttante, è tradotto da Stefano Beretta ed è pubblicato da Garzanti.
Ci faranno un film, d’accordo. C’è una buona dose di buoni sentimenti e un filo di retorica, in qualche passo una corda robusta. Non bisogna, però, diffidare sempre e comunque dell’apparenze. Anche perché in questo caso, con semplicità disarmante, e a tratti anche con ironia (a cominciare dall’eccentricità della protagonista), Gail Honeyman prende a picconate una delle grandi malattie dei nostri giorni, una delle più ripugnanti, la solitudine. Cantata, con vari gradi di profondità, in canzonette e poesie, e nel suo romanzo immortalata così com’è. La svolta per Eleanor arriva nell’incontro con un tecnico informatico, Raymond, e con un anziano che soccorre per strada. Più o meno a metà libro basta un gesto gentile e disinteressato (un pranzo offerto) per fare vacillare ogni certezza (negativa) della protagonista. Raymond è tutt’altro che un principe azzurro: pancetta, barba ispida a chiazze, scarpe da ginnastica ai piedi, niente macchina, «impugna la forchetta con la destra, come un bambino o un americano», scrive mail piene di sigle e abbreviazioni, con un suo stile di comunicazione che Eleanor definisce «da analfabeta». L’arrivo di un buon amico come Raymond nella sua vita non cancella istantaneamente le cose che non vanno, le crepe quotidiane. Ogni mercoledì la madre di Eleanor continua a telefonarle dal carcere, riemergono i ricordi tristi legati al destino della sorella. Eleanor ricade, inesorabilmente, nell’alcool, suo abituale vizio del weekend. Crollando quando capisce l’inconsistenza dei suoi sentimenti per il rocker (che è anche un po’ sfigato, si veda la sua svolta solista…).
È una questione di demoni personali (chi non ne ha?), di corazze interiori e di buchi neri, di incertezze e dubbi. Gail Honeyman sa come affrontare ed evocare tutto ciò. Sceglie la strada di un’apparente semplicità, che riesce a scavare lentamente in profondità. La sua Eleanor ci riesce anche grazie alla dottoressa Temple, una terapeuta. Ma non basta. Dopo tanti anni passati a mentirsi, a rimuovere i propri fantasmi, alla ragazza di Glasgow serve puro coraggio per scrollarsi tutto di dosso. Se e come ce la farà è qualcosa che va lasciato ai lettori, per scoprirlo occorre arrivare in fondo a un libro che dal punto linguistico non oppone nessuna difficoltà, come nella struttura che si nutre appena di qualche flash-back.
Recensione di Arturo Bollino
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