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Ho avuto modo di rileggerlo poche settimane fa, a vent'anni dalla prima lettura: oggi mi sento di dare un voto più alto. Ho apprezzato in modo più marcato lo stile e la capacità dell'autore di entrare nella testa del lettore (e dei personaggi). Vero, è un Coe agli inizi, che deve ancora maturare molte delle sue doti, ma è già un gran bell'esercizio di stile (e non solo). Anni fa avevo dato due stelle, oggi ne do 3, pienamente meritate. Forse gli anni che ho in più mi hanno dato maggiori strumenti per valutarlo appieno.
L'incipit: "Prendete una persona. Una persona qualsiasi. Sulla soglia della femminilità...". La persona in questione è Maria, una diciottenne, al termine della scuola superiore. L'attende un brillante avvenire. La preside, Mrs Leadbetter, la riceve nel suo ufficio e le dice: "In cinquantaquattro anni, sei la prima delle nostre ragazze ad aver ottenuto l'ammissione ad Oxford". Maria non fa salti di gioia e rimane indifferente. Il tempo, come si sa, scorre velocemente, Maria ha ultimato gli studi ad Oxford, è sposata, "da cinque anni e nove mesi", con Martin ed è madre di Edward, un bimbo di quattro anni. "Maria non l'aveva mai amato, e lui non aveva mai amato lei, ma lui stava cercando una moglie e lei stava cercando qualcosa da fare". Martin è un tipo perfido e crudele, chiede il divorzio, e anche se di tanto in tanto la picchiava, ottiene l'affido del figlio. Scrive il narratore: "Dovrei raccontarvi che, almeno in due diverse occasioni successive al suo matrimonio con Martin, Maria aveva tentato di togliersi la vita", in quanto "poteva anche non sapere cosa fosse la felicità ma era perfettamente in grado di riconoscere l'infelicità quando la vedeva". Il tempo continua a scorrere e Maria si rende conto di essere "stata per tutta la vita alla mercé di forze che andavano oltre il suo controllo; il caso non era stato troppo clemente con lei, e proprio il caso le aveva fatto trovare" quel delinquente di Martin. Ormai siamo alla fine del racconto e Maria sale sulla collina vicina alla casa della sua infanzia, è "sola e indifferente, indifferente persino di fronte alla morte che, chissà, potrebbe anche essere la prossima cosa che il fato ha in serbo per lei". Un bel racconto che non manca quell'umorismo tipico Jonathan Coe.
Sicuramente un Coe in fase di rodaggio; c'è proprio poco dello straordinario inventore di intrecci, situazioni, personaggi. Libro un po' insulso e non coinvolgente, anche se forse avevo troppo in mente gli altri suoi capolavori letti prima. A chi ha conosciuto Coe da questo libro, dico: Non demordete! Passate a "La casa del sonno", "La famiglia Winshaw", "La banda dei brocchi" e "Circolo chiuso": non potrete più farne a meno!
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