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Se interessati all'autore, consigliato. La descrizione riassume bene il contenuto del volume, il quale si presenta in una brossura di buona qualità, per quanto l'Adelphi se li faccia sempre pagare bene.
Questo volume scritti di Brodskij è pura sapienza tramutata in poesia, eppure la poesia è stata scritta da altri, eppure è sua e sua soltanto! E se lavora, come spesso gli accade, non già su un testo in lingua originale ma tradotto (in inglese nel suo caso) l' appropriazione e la trasformazione "in altra cosa", altra materia, pur all'interno d'una stupefacente fedeltà letterale, è completa. Per questo dico che la sua capacità non trova più appropriato aggettivo della parola stessa. Un interrogativo mi sobbalza: miglior saggista o miglior poeta? La risposta sta già nella domanda poiché questo poeta raggiunge il culmine dell'arte sua anche quando trasfigura un testo altrui, lo scompone, gli fa parlare il suo linguaggio, i suoi sogni, le sue angosce, intreccia e sovrappone le sue ali a quelle dell' autore, il suo paradiso, il suo limbo, la sua solitudine e insomma non compie soltanto esercizio critico, ma attraverso di esso altissimo esercizio poetico e maieutico. Questo è, in gran parte dei saggi che vi sono raccolti, il libro Dolore e ragione, ne consiglio caldamente la lettura.
Quando un libro non è più una preziosa linfa di alte riflessioni umane, ma oltrepassa quei cancelli fatali, incide nella carne il suo segno imperituro, lo salda, lo marchia nello sterno come un cuore migliore, o almeno un cuore parallelo che dia i giusti battiti di coraggio all'altro, allora la vita diventa il Dono dei doni. Per chi ama il brillio di un umano davvero sensibile, l'estraneità più nobile e gioiosa che sia offerta a individuo vivente, la poesia, il sentiero reietto, scansato, l'esistenza riuscita perchè sovversiva di ogni scalcinata bruttura d'ordine, questo volume è una Bibbia, un Digesto, una Rivelazione: "Una società che non è capace di leggere o ascoltare i poeti si condanna a gradi inferiori di articolazione, al grado del politicante, del ciarlatano, al suo grado corrente. Abdica al proprio potenziale evolutivo, restando bloccata, per chissà quanto tempo, sullo stesso piolo della scala. La poesia non è intrattenimento, è il nostro fine genetico. E finchè ogni cosa non diventa nostro sangue, si resta ancora nel numero dei sub-linguati. Che sono la maggioranza. Una poesia dice al suo lettore: sii come me. E al momento della lettura si diventa ciò che si legge, assumendo lo stato che la lingua ha in quanto poesia, e la sua epifania o rivelazione vi appartiene, è vostra. Anche a libro chiuso". Qui le parole diventano SOLUZIONE, RISPOSTA, VERITA'. E lo grido come farebbe appunto il maiuscolo delle lettere se avesse una voce in grado di distinguersi per tono e per forza. Destarsi alla parola, non saprei definire diversamente quest'esperienza, perchè "un poeta sa sempre trovare le parole per tirarsi fuori da un pasticcio". Non poco nel mare magnum della ridicola sapienza telematica che tutto crede di dominare, mentre è poco più di una topaia imbellettata. "Sono condannato ai miei sogni, ma è una condanna benvenuta". Si può morire senza aver letto tante cose. Qui la meraviglia è pane necessario. Qui bisogna stare sull'attenti ad ogni virgola.
Recensioni
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recensione di Alleva, A., L'Indice 1998, n.11
I poeti russi nutrono verso i propri colleghi del passato un sentimento di idolatria particolare; un'idolatria ravvicinata, da vicino di casa. Questo era l'approccio di Brodskij agli altri poeti; questo è l'atteggiamento che oggi assumono i giovani poeti russi nei suoi confronti, anche se non l'hanno mai visto. Imparano i suoi versi a memoria, vanno a visitare la sua tomba a Venezia, non finiscono di rimpiangerlo, proprio come se l'avessero conosciuto. Comunque lui appartiene loro.
Questo libro piove dal cielo, direi quasi dall'aldilà, tre anni dopo la morte dell'autore. Brodskij qui ci parla di poeti del passato che amava: Orazio, Thomas Hardy, Rainer Maria Rilke, Robert Frost, e del loro rapporto con le ombre, perché si sentiva prossimo a diventarlo anche lui, un'ombra. Intrattiene così un dialogo immaginario con loro, per il tramite dei versi, intuendo la genesi di questi, la selezione del tema, i riferimenti. Come se lui giocasse immerso nel crepuscolo con un avversario-fratello, di fronte, al buio, e nell'atto di ritirargli la palla accostumasse a poco a poco gli occhi alla tenebra, e all'ombra che si muove su questo sfondo, creando un'osmosi fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.
I saggi sono anche una sorta di diario. Quel che resta in mente al lettore, forse più della cronaca della partita, sono proprio quei lampi intuitivi e lapidari, che Brodskij aveva: "La cosa peggiore che possa capitare a un uomo è quella di morire"; "Non c'è specchio che possa riflettere una vita di letture"; "La metafisica è sempre terra terra, no?". Brodskij dialoga con i poeti prediletti, con gli studenti che ascoltano le sue lezioni, con i ricordi, e a sua volta prende a mente i motti memorabili degli altri, per esempio di Frost: "Il modo migliore per uscir fuori è sempre passare attraverso", "Essere socievoli è essere indulgenti".
Brodskij è un visionario della parola, e raramente si sbaglia. Vede il disegno strofi""co predisposto da Hardy per la poesia "The convergency of the Twain*, dedicata al naufragio del Titanic, e intuisce subito che Hardy, scegliendo di costruire le strofe con due trimetri e un esametro, abbia voluto ricreare l'iceberg contro cui il transatlantico inglese si scontrò; vede e sente nei tetrametri della poesia successiva l'arrancare ondeggiante di un calesse a molle col quale la moglie defunta tornava sempre a casa, attraverso la brughiera.
Forse il saggio più bello è quello dedicato a Frost, "Dolore e ragione". Qui s'indaga un dialogo tragico fra moglie e marito a seguito della morte del figlio; lui, il marito, in cima alla scala della loro casa, lei ai piedi della stessa. La distanza incolmabile fra i due è segnata dal loro diverso approccio al dolore, e da un groviglio di rancori precedenti. Qui è in ballo la distanza fra il linguaggio quotidiano e il linguaggio poetico.
Immaginiamo il dialogo fra il nostro e gli altri poeti separato da una membrana sottilissima, una parete divisoria fatta da scaffali pieni di libri. E su uno scaffale, uno dei più alti, vediamo anche i libri di Brodskij, magari accanto ai grandi romanzi delle sorelle Brontë.
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