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Forse hai ragione tu. Siamo soltanto dei randagi che la vita ha raggruppato in questo posto.” (Pag. 218).
Avrò fatto la cosa giusta ? Sarà la cosa giusta ? Sei sicuro che sia la cosa giusta da fare ? Quanti, tanti, forse tutti noi ci saremo fatti, presto o tardi nel corso della nostra vita, una domanda una considerazione come queste. Parlare della “cosa giusta” è, sostanzialmente, parlare della verità, della verità delle cose, dei fatti, dell’essere.
Per questo motivo, il primo romanzo di Michele Cocchi “La cosa giusta”, pubblicato da Effigi Edizioni, è un romanzo di grande coraggio, già dal titolo. Coraggio che si mantiene tale e sempre presente nei protagonisti della storia che si dipana attraverso le pagine. E’ la storia di un padre ed un figlio, ai margini della quale si snodano numerose altre microstorie, in un paesino sconosciuto situato in una zona collinare, caratterizzata da una vita ancora molto legata alla natura, ai suoi frutti e ai lavori necessari per trarli dalla terra. Conosciamo i protagonisti, Gabriele e il padre, quando la loro vita ha già avuto una svolta decisiva, e l’autore nell’alternare abilmente le voci dei due , ci introduce in un clima di suspense che fa presagire ulteriori importanti cambiamenti.
“Quando smisi di correre il sole aveva iniziato a calare. Il bosco diradava e in prossimità del torrente c’era odore di terra. Percorse gli ultimi metri camminando e premendosi una mano su un fianco, respirando con fatica. Sfilò le braccia dalle cinghie dello zaino e sedette su una roccia per riprendere fiato. Il sudore gli colava dalla fronte e gli bagnava la schiena. Di fronte a lui, un campo di granturco abbandonato lo proteggeva dalla vista; le pannocchie appesantite dalla pioggia pendevano a terra gonfie e marce.” (pag. 13)
L’alternanza delle due voci, più forte quella del figlio, meno incisiva quella del padre, da ancor più il senso di distacco fisico che c’è tra i due, e che si manterrà per quasi tutto il romanzo, ma un distacco quasi misurato, non troppo ampio. L’autore o loro stessi, mantengono la distanza in una dimensione “giusta” guarda caso, una dimensione che potrebbe permettere loro qualcosa, uno scontro, un riavvicinamento, un riuscire a sentirsi o vedersi. Non lo so, o meglio non lo svelo, ma mi ha colpito molto questo aspetto del romanzo di Michele, moltissimo. La storia raccontata ci parla dei rapporti familiari, dei rapporti genitori-figli e non solo, e non solo tra i protagonisti. Ne leggerete di altri, interessantissimi e originali. E scegliere, fare, azzeccare la “cosa giusta” nei rapporti familiari, in quelli che potremmo dare per scontato siano i più facili, perché ci si ama, perché in parte ci si è scelti, ci si è voluti insieme, non è per niente facile e tantomeno automatico, schematizzabile.
Spesso, per ridurre le distanze, è necessario l’intervento di qualcuno dall’esterno, e Gabriele e suo padre potranno distintamente, all’insaputa l’uno dell’altro, beneficiare di un aiuto importante, per arrivare a fare “La cosa giusta”.
Michele Cocchi è al suo primo romanzo, ma è evidente che scrivere non è una novità per lui perché lo fa molto bene. Mi sono piaciuti in modo particolare i dialoghi, belli, chiari, intensi durante i quali i personaggi dicono molto di loro stessi e si confrontano apertamente con chi hanno di fronte. C’è un buon ritmo, piacevole, forse qua e là un po’ appesantito dai tanti dettagli sui percorsi in mezzo alla natura, ma è appunto un dettaglio. E se anche vi sentiste un po’ stanchi nel correre appresso ai protagonisti su e giù per le colline e i campi coltivati, state pronti a cogliere un passaggio preciso, una domanda fondamentale che viene posta nel corso di un dialogo intorno a pag. 150. La storia cambia ritmo, ha una svolta importante, ma abilmente inserita dall’autore in una delle tante chiacchierate tra personaggi.
Bellissimo. E altrettanto bello è un fatto che si verifica nel finale, un fatto che ci dice come l’autore conosca bene le fondamenta di rapporti umani autentici, solidi, potenzialmente fecondi, fondati su elementi di una semplicità disarmante.
Buona Lettura.
“Scappate tutti da qualcosa, non te ne sei accorto? Tu per primo, poi tutti gli altri.” (pag. 228)
Recensione di Claudio Della Pietà.
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