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Anno edizione: 2013
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Il lungo viaggio di un immigrato clandestino dall'Iran verso l'Olanda. Una storia autobiografica ricca di spunti di riflessione, L'amore per la famiglia, il sacrificio, la passione per i libri. Il lettore viaggia insieme al protagonista mentre il corvo (simbolo della cultura persiana) osserva tutto.
Un brevissimo romanzo che, forse più di tutti gli altri dello stesso autore, presenta dei rimandi autobiografici. Personalmente apprezzo molto lo stile di Abdolah e ammiro la sua capacità di descrivere alcune situazioni facendo sì che il lettore vi si immerga completamente. In questo piccolo racconto c'è molto da imparare ed apprezzare: storie di emigrazione, di profughi e di integrazione.
Abdolah in questo romanzo dal sapore autobiografico ci narra la storia di Refid Foaq, rifugiato. Il racconto inizia dalla fanciullezza di Refid presso la falegnameria del padre, fervente musulmano, prosegue a Teheran, dove giovane universitario entra nella resistenza contro gli ayatollah e viene salvato dalle mani della polizia dalla giovane che poi diventerà sua moglie. Refid, per la sua opposizione al regime, è costretto a fuggire. Troverà asilo in #Olanda, dove cercherà, operaio alla catena di montaggio, di tener fede al proprio desiderio di divenir scrittore. L'opera ha un gusto dolce e drammatico al tempo stesso, Permette di toccare con mano il dolore e le difficoltà di tutti i profughi, di tutti gli emigrati, soprattutto di coloro che, pur avendo un'istruzione elevata, sono dalla sorte costretti a dedicarsi ai lavori più umili, pur di dar da vivere alla propria famiglia. Un libro, in un'epoca di migrazioni epocali, quanto mai consigliabile.
Recensioni
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Questa è la storia di Refid Foaq, iraniano immigrato in Olanda, sensale di caffè, scrittore per vocazione.
Questa è la storia di Kader Abdolah, nato in Iran nel 1954 e rifugiato politico in Olanda dal 1988, che è riuscito a far sua la lingua del paese che lo ha accolto, tanto da aver l’onore della richiesta di scrivere il ‘libricino’, il libro-omaggio della Settimana del Libro Nederlandese. Il ‘libricino’ che deve rispettare una lunghezza prestabilita e che è, appunto, “Il corvo”.
Il titolo scelto da Abdolah è suggestivo: il corvo appare spesso nei racconti della tradizione persiana, è un testimone che osserva tutto dall’alto, è un custode della cultura, è un messaggero alato che valica i confini. Come il corvo, anche il protagonista del racconto di Abdolah, così come altri personaggi che vi appaiono, ha superato confini, ha portato la sua cultura e il suo passato in altri paesi, cancellando le frontiere.
“Voglio raccontarvi quello che è successo e come sono finito in Lauriergracht n.37” - e quello che è successo ha radici lontane, nel tempo e nello spazio. Inizia in un paese che si chiamava Persia finché, nel 1959, fu stabilito che entrambi i nomi, Persia e Iran, potevano essere usati. Regnava ancora lo scià che, però, accettando l’aiuto americano, segnava viepiù l’americanizzazione del paese. Inizia con un padre falegname e con un ragazzo che ama leggere e che, per amore della lettura, affronta anche libri americani, con l’aiuto di un dizionario: è il segno di una curiosità intellettuale che lo accompagnerà sempre, che sarà uno stimolo fortissimo, quando le vicende della Storia lo obbligheranno a lasciare l’Iran.
C’è il tono distaccato della lontananza, nel racconto di Kader Abdolah. La pacatezza di chi ha accettato la durezza della sorte ed è grato del destino che gli è toccato, paragonandolo a quello di altri meno fortunati di lui. L’intelligenza e l’apertura mentale di chi ha saputo non restare prigioniero della sua identità e dei suoi ricordi. A tratti veloci, nello spazio del centinaio di pagine che gli sono concesse, Abdolah, sotto lo pseudonimo di un amico conosciuto all’università, un medico del Kurdistan arrestato e ucciso durante la rivoluzione, traccia la storia della sua vita, le letture e i primi scritti, la rivoluzione, l’attentato all’ambasciata americana e l’incontro con la ragazza che avrebbe sposato. E poi l’esilio, la fuga attraverso la Turchia, l’attesa estenuante per i documenti, i soldi sufficienti soltanto per una destinazione “minore”, per un piccolo paese grigio e piatto nel nord dell’Europa. Dall’Iran all’Olanda è un capovolgimento radicale, un ripartire da zero, un gettarsi alle spalle tutto ciò che si era. Ma Refid Foaq è caparbio, ha i piedi saldi sulla terra e sa che solo un lavoro manuale - anche se non gli si confà - può permettergli di vivere, che è necessario imparare la lingua del posto. Sogna altro, però. Sogna di diventare quello che sperava di diventare prima che la sua vita si spezzasse. Come tanti altri iraniani in esilio, diseredati del loro futuro. Capisce anche che deve far incrociare i due mondi, filtrare la cultura dei suoi antenati dentro quella dell’Occidente.
È una splendida e intrigante sorpresa, per il lettore, trovare accostate opere poetiche persiane e testi fondamentali della letteratura olandese. Soprattutto lo scrittore si appropria del romanzo ottocentesco “Max Havelaar” con i suoi riferimenti alla politica coloniale olandese e al commercio del caffè: sembra un dettaglio irrilevante e, invece, c’è poco che renda l’idea del cambiamento radicale subito da un uomo che viene dal paese in cui il tè offerto nei bicchieri di vetro è la bevanda nazionale e che finisce a vendere caffè. Così come il paesaggio che lo circonda è esattamente l’opposto di quello che ha lasciato - la piattezza grigia dell’Olanda è illuminata dal ricordo azzurro della magica Isfahan.
“Il corvo” non è solo la storia di Rafid Foaq alias Kader Abdolah. Ogni pagina del suo travagliato viaggio verso una destinazione ignota ci fa pensare alle tragedie dei barconi carichi di migranti di cui abbiamo letto di recente, a vite di cui non sappiamo nulla, ad ambizioni stroncate, ad umiliazioni inghiottite, ad una volontà di andare avanti ad ogni costo e nonostante tutto.
A cura di Wuz.it
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