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Incuriosito dal titolo accattivante, dopo aver letto alcune ottime recensioni, ho deciso di acquistare il libro. Nonostante che sapessi impossibile descrivere una realtà tanto complessa come quella cinese in poco più di duecento pagine, arrivato alla fine sono rimasto comunque un po' deluso. L'opera è un brutto mix tra saggio e autobiografia. L'autore, spesso con ironia, ma a volte anche usando il sarcasmo, prova a descrivere l'incredibile mutamento che il proprio paese ha subito negli ultimi quarant'anni. Un estratto dal capitolo intitolato "Rivoluzione": "In Occidente ci sono intellettuali, prigionieri di schemi preconcetti, convinti che solo in società con sistemi politici pienamente democratici si possa attuare un rapido sviluppo economico e quindi non si capacitano dello sviluppo sconvolgente che sta vendo un paese con un sistema non esattamente trasparente come la Cina. a mio avviso sottovalutando un aspetto importantissimo: dietro al miracolo economico c'è la spinta di due mani potenti che si chiamano rivoluzione. Nel 1949, dopo aver instaurato il regime, il Partito Comunista continuò a coltivare l'idea di condurre la rivoluzione fino in fondo. Chiaramente non si trattò più di lotta armata. La rivoluzione cominciò a tradursi in una serie di movimenti politici a catena, che raggiunsero il parossismo in due occasioni: il Grande Balzo in avanti e la Rivoluzione Culturale. Dopodiché, sotto nuove spoglie la rivoluzione è tornata a manifestarsi nel miracolo economico avvenuto a trent'anni di distanza dall'avvio della politica di apertura e riforme. Vale a dire che nel nostro miracolo economico sopravvivono sia il movimento rivoluzionario del Grande Balzo in avanti, sia la violenza rivoluzionaria della Rivoluzione Culturale."
Yu Hua prende ispirazione dalle vite di persone comuni e dalle esperienze quotidiane e prova a descrivere il grosso mutamento della CINA degli ultimi 40 anni Partendo dall’ordinario, muove una lucida e appassionata critica politica alla società cinese contemporanea, malata e disfunzionale. Ne ripercorre le vicende recenti, per spiegare come la straordinaria velocità dei cambiamenti storici abbia portato a uno scompenso tra nuovo e vecchio, tradizione e innovazione, e a una bizzarra perdita di consapevolezza da parte della popolazione. Simbolicamente uno dei primi avvenimenti rievocati da Yu Hua è quello delle proteste di Tian’anmen Le parole scelte da Yu Hua sono: popolo, leader, lettura, scrivere, Lu Xun, disparità, rivoluzione, morti di fame, taroccato, intortare. Per descrivere il brutale mutamento del Paese rievoca anche episodi della propria infanzia e adolescenza che contribuiscono a far capire quanto repentino e travolgente sia stato il passaggio dalle difficoltà del passato a quelle attuali. Emerge un senso di nostalgia per la Cina del passato, certamente povera e piena di problemi, ma anche traboccante di coraggio e coesione rispetto ad un Paese che ha perso per sempre il suo equilibrio , in bilico tra innovazione e arretratezza, in un contesto sempre più digitalizzato che recide le radici con la terra.
Un saggio relativamente breve ma intenso. Solo quarant'anni per trasformare la società cinese (in meglio?), quando ne sono stati necessari quattrocento per trasformare la nostra Vecchia Europa. Ma, alla fine, dove si sta meglio?
Recensioni
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È possibile spiegare un fenomeno complesso attraverso poche e semplici parole? Dovrebbero far questo i comunicatori; più raro, e per questo più prezioso, quando a farlo sono dei grandi scrittori.
Yu Hua è riuscito, nel suo splendido libro La Cina in dieci parole, a spiegare in maniera diretta cosa significhi essere cinese. Yu Hua utilizza poche parole per farlo – dieci, appunto – e da ogni parola sgorga un mondo limpido che fonde gli orizzonti personali e quelli collettivi.
Le dieci parole scelte, a prima vista, sembra siano parole secondarie e che non ci sia tra loro un nesso, un filo logico. Invece, leggendo, scopriamo di trovarci di fronte un vero e proprio manuale di storia umana contemporanea che scandisce i fatti che si susseguono in successione senza anticipazioni sul futuro o ingombranti flashback.
Per Yu Hua non si può non partire dalla figura simbolo per eccellenza: quella di Mao Ze Dong. In quella fase politica Yu Hua viene al mondo e compie gran parte del suo percorso formativo. La Cina di Mao viene dipinta e descritta come il Medioevo: il tempo e lo spazio sono rarefatti. Tutto è sotto il controllo dello Stato e dei suoi esecutori locali. I dazibao la fanno da padrone. Ed è proprio il dazibao la prima forma di scrittura in cui si esercita Yu Hua.
All’epoca della Rivoluzione culturale non si poteva scrivere altro, bisognava ricorrere a questa sorta di cahiers de doleance pubblici, in cui si accusava qualcuno, con motivazioni ampie anche se non sempre circostanziate, di essere controrivoluzionario. E, come nel Medioevo occidentale, l’accusato veniva isolato dalla società e messo sul rogo. Nel caso della Cina degli anni ’70 del secolo scorso, il rogo era un palco allestito ogni settimana in tutti i centri abitati, in cui i controrivoluzionari venivano pubblicamente offesi e picchiati senza alcuna remora da parte dei concittadini. Per assurdo che possa sembrare, i dazibao furono anche i primi “libri” che Yu Hua ebbe la possibilità di leggere. Non esistevano libri, come nell’Europa prima della diffusione dei caratteri a stampa. E noi, amanti di libri, non possiamo non sentirci completamente coinvolti dal capitolo “Leggere”, nel quale Yu Hua ci spiega come questo anelito fosse irrealizzabile durante la sua adolescenza. Come vagasse per la sua città, chiedendo disperatamente ma con circospezione, per non essere accusato di essere un controrivoluzionario, se qualcuno dei suoi amici possedesse un libro a casa. Ma per tutti l’unico libro consentito era il Libretto Rosso di Mao, simbolo di quegli anni rivoluzionari.
Dopo la morte di Mao, la Cina si risvegliò culturalmente da questo appiattimento. E Yu Hua ci descrive come sia stato fortunato a diventare scrittore proprio nel periodo in cui, dopo questa grande astinenza, fiorivano case editrici, giornali, e gli editori erano attenti alla qualità dei prodotti, che leggevano con attenzione e sapienza. Cosa che non accade più, confessa con rammarico. Ma la Cina del dopo Mao e dell’apertura riformista di Deng Xiaoping è tutta rose e fiori? Assolutamente no, secondo Yu Hua. Il processo che ha portato l’Europa a superare il Medioevo e a raggiungere la modernità è avvenuto dopo vari secoli, mentre lo sviluppo cinese è avvenuto in soli quarant’anni: troppo poco per poter consolidare le effettive differenze.
La Cina di oggi è pervasa dal fenomeno dello huyou, dell’intortamento. E questo ha causato una perdita dei valori collettivi che, nel bene o nel male, erano presenti al tempo di Mao. Yu Hua per questo afferma amaramente: “La mia preoccupazione è che, quando l’imbroglio s’imporrà come stile di vita, tutti ne faremo le spese, i singoli individui come il paese, in quanto, probabilmente, gli imbroglioni saranno vittime di se stessi, ovvero solleveranno la pietra per farsela cadere sul piede, come recita un detto cinese.”
Recensione di Francesco M. Iandiorio
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