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Anno edizione: 2020
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L'ordine costituzionale non può avere padroni. Chiunque pretenda di appropriarsene lo mette a rischio. Uno dei più autorevoli storici del costituzionalismo indica con chiarezza le basi costituzionali su cui si fonda la democrazia.
Le forme dello "Stato moderno" in Europa – prima Stato assoluto, poi Volontà generale, poi ancora Stato nazionale ispirato dal principio di sovranità – sono state tutte monistiche, nel senso che hanno avuto, per definizione, un centro unico. La crisi contemporanea di queste forme politiche ha condotto alla loro sostituzione graduale con forme dualistiche, basate sul concetto di "forza". Dunque, non un centro da cui tutto viene irradiato, ma due forze che competono, si integrano, si respingono, ma poi anche si accordano. Contro il rinascere di forme monistiche, tutte protese a valorizzare il principio di sovranità e l'universo culturale della "decisione", il libro vuole essere una sincera apologia del diritto come meditazione, e indica come principale qualità del governante quella della prudenza. Il volume consiste in un'analisi originale e serrata, sviluppata in tre momento, del diritto di forma in Costituzione. Questa non va considerata come il vertice della tradizionale scala gerarchica delle fonti di diritto, magari proprio per questo motivo troppo a lungo distante dall'effettività del momento pratico e applicativo del diritto medesimo, ma come nocciolo originario posto alla base di tutto l'ordinamento, da cui deriva un diritto che tende a svilupparsi sul piano orizzontale, essendo la Costituzione prima di tutto regola di consociazione, che conduce alla condivisione dei valori, espressi in forma di principi fondamentali. Il dato più peculiare delle Costituzioni democratiche del Novecento è infatti che i principi fondamentali rappresentano le norme di base contenute in una Costituzione originaria, più che "materiale", essendo quest'ultimo termine-concetto esposto a significare l'eventualità, da ritenere assolutamente negativa, di una concreta situazione storica in cui abbiamo una costituzione "materiale" opposta a una "formale", con la conseguenza della totale svalutazione di questa seconda. Ma questo non rappresenterebbe altro che la sconfitta della prospettiva costituzionalistica, riducendo la Costituzione medesima a espressione della volontà del dittatore di turno, e ben sapendo che nella storia costituzionale il dittatore è proprio colui che di fatto impone d'autorità una certa lettura dei principi costituzionali, facendo propri quelli "materiali", e opponendoli a quelli "formali", con la finalità ultima di dare mano libera al dittatore medesimo. Al contrario, nelle Costituzioni democratiche del Novecento l'aspetto "materiale" non è altro che la radice profonda di quello "formale" ed è rappresentabile dunque come un insieme storicamente dato di principi, che precedono la vigenza delle norme costituzionali formalmente intese, e che sono portati da soggetti politici e sociali che insieme vogliono la Costituzione.
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