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Anno edizione: 2022
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Eric, Andrew e la loro figlia Wen sono in vacanza in un cottage circondato dal bosco, senza internet né cellulari; è la vacanza ideale per allotanarsi dal caos cittadino e riposarsi. Un giorno però, la vacanza si trasforma in un incubo: dal bosco emergono quattro sconosciuti con armi rudimentali piuttosto inquietanti, convinti che per salvare l’umanità dall’apocalisse debbano eseguire un sacrificio. “La casa alla fine del mondo” è un romanzo horror di Paul Tremblay che ha vinto il premio Bram Stoker al romanzo nel 2019; forse questo aspetto mi ha caricato di aspettative che, purtroppo, non sono state soddisfatte. Ho trovato la lettura scorrevole, nonostante i capitoli lunghissimi (che non amo particolarmente), scritti alternando i pov dei vari personaggi. Tuttavia, più che horror ho visto solo molte scene splatter; inoltre, l’azione vera e propria non accade mai, rendendo tutto molto monotono e piatto, e da metà libro in poi, la narrazione risulta addirittura ripetitiva e piuttosto prevedibile. Peccato, l’idea in sé mi piaceva molto; probabilmente se fosse stato un racconto o un romanzo breve, sarei rimasta complessivamente meno delusa.
Una storia ansiogena, una via di mezzo tra il thriller e l'horror; non ci sono elementi soprannaturali... o si? Questa è una cosa che non si capisce, l'autore sembra lasciarla volutamente ad interpretazione del lettore. Sicuramente c'è la follia umana, la perdita di ogni buon senso nella fantomatica ricerca del "bene comune". Sono rimasta perplessa riguardo allo stile di scrittura, soprattutto verso la fine: nella stessa frase si alternano il racconto in terza persona e quello in prima persona, il che mi ha dato fastidio per la mancanza di concordanza. Voto 3.5
Non ho idea di cosa sia considerabile “horror” in questo libro dal momento che non ci sono parti che mettono tensione e davvero poche che ci provano (e che non riescono). La premessa è interessante, unica attrattiva del libro e motivo per cui do due stelle: mi ha molto incuriosita e ho divorato la prima parte del libro pur di sapere di cosa mai potesse trattarsi. Ma subito dopo i primi problemi. Ho trovato il libro avere dei preoccupanti cali di ritmo. Ogni volta che si passa da un pov a un altro, la scena viene riavvolta di qualche minuto per dare spazio ai sentimenti, ai pensieri e alle sensazioni che nel frattempo il proprietario di quel punto di vista ha appena vissuto. Una scena di violenza che viene vista da tizio, stoppata, riavvolta e rivista da un altro (in continuazione) annoia. Annoia a morte. Credo che il mio problema con questo libro sia stato (tra tanti altri) soprattutto il non riuscire ad entrare in sintonia con la storia e con i suoi personaggi. Mai una volta che questi facessero l’ovvia domanda che chiunque si starebbe posto. Questo è stato particolarmente frustrante. Vi compaiono quattro tizi armati che voglio “solo parlare”. Entrano in casa con la forza. Vi sequestrano e vi legano alle sedie. Ma com’è possibile che nessuno chieda “cosa volete da noi?”. No, è Leonard, uno dei quattro intrusi, a rivelare il motivo della loro presenza in quella casa dopo un sacco di tempo… e lo fa autonomamente, solo perché il suo compito è portare il messaggio e assicurarsi che lo abbiamo compreso: alle vittime sembra non interessare di capire cosa sta succedendo e perché. La storia si conclude nel dubbio e non in senso buono. Sì, perché non è una di quelle storie che si conclude senza poter fornire dati oggettivi a stabilire quale era la verità (penso a “L’incubo di Hill House” per fare il primo esempio che mi viene in mente)… No: qui non si sa qual era la verità semplicemente perché il libro finisce.
Recensioni
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