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Il carcere
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Il carcere - Cesare Pavese - copertina
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carcere

Descrizione


Una storia di privata solitudine.

Nel 1935 Cesare Pavese viene condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro per aver tentato di proteggere la donna amata, militante nel Pci. Il carcere, pubblicato solo nel 1948, nasce così da una storia di privata solitudine e riapre il problema del solipsismo intellettuale cui Pavese riconobbe, scrivendo dieci anni dopo La casa in collina, di essere ancora legato. L'esilio forzato in un luogo tanto diverso e lontano dal suo mondo piemontese d'origine è metà condanna metà alibi del suo volersi fuori dal mondo, del suo guardare la vita "come dalla finestra del carcere". L'ingegnere, protagonista del romanzo, è un intellettuale che imputa a sé stesso più che al mondo la responsabilità della propria situazione, rifiutando di riconoscervi delle giustificazioni politiche in un periodo in cui maggiore era il consenso degli italiani al regime fascista, tra la guerra d'Abissinia e quella di Spagna. Il confino diventa atteggiamento, presa di posizione, un modo d'essere che Pavese aveva sempre considerato come costitutivo e insieme limitativo della propria esperienza.
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Dettagli

2018
Tascabile
16 gennaio 2018
144 p.
9788806238070

Valutazioni e recensioni

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Alessia
Recensioni: 4/5

Lo narrazione è abbastanza lenta, nonostante le poche pagine, tuttavia il romanzo rimane una piccola perla grazie alle doti narrative dell’autore che cominciavano a mostrarsi proprio in quegli anni. Anche in questo ritroviamo le note nostalgiche che a detta dei più – io per il momento non ho letto abbastanza romanzi dell’autore per confermarlo – sembrano essere una prerogativa dello stile di Pavese.

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Elena
Recensioni: 4/5

“Il carcere” di Cesare Pavese, piccolo romanzo in cui attraverso la figura di Stefano, ingegnere confinato in un piccolo paese sul mare, l’autore descriverà il proprio confino – avvenuto tra il ’35 e il ’36 a causa di alcune lettere – e la sensazione di essere rinchiuso in un carcere di cui proprio il mare è la quarta parete. Stefano è costantemente ossessionato dalla paura che da un giorno all’altro, senza preavviso, la polizia potrebbe portargli l’ordine di lasciare il paese, forse per riportarlo al carcere vero e proprio; proprio per questo non vorrà mai disfare la valigia – sarà in seguito una donna a farlo, con il quale nascerà poi il diverbio – perché lo trova essenzialmente inutile. Romanzo breve ma intenso.

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Gio
Recensioni: 4/5

Il titolo del libro può apparire ambiguo, la vicenda non riguarda un carcere ( nel senso di prigione), riguarda un confinamento, più specificamente è la vicenda personale di Pavese, confinato a Brancaleone. In realtà il titolo descrive perfettamente il romanzo. Il carcere è lo stato d'animo del protagonista, Stefano, catapultato in un'ambiente che non gli appartiene, con usi e costumi che non riesce a comprendere. Pur non essendo in carcere ( gli abitanti del posto gli ricordano sovente che il confino non è molto diverso da una villeggiatura), il protagonista è prigioniero del posto e della sua solitudine. La sua vicenda si intreccia con quella di due donne: la servetta Concia, di una bellezza che solo Stefano riesce a vedere; ed Elena, la figlia della padrona di casa con cui ha una relazione. Nonostante questa relazione, Stefano rimane solo, vorrebbe da Elena solo il corpo, mentre Elena vorrebbe dargli il corpo solo se "le vuole bene". Questo romanzo oltre a raccontare sapientemente i senti enti propri dello stesso Pavese, offre uno spaccato dell'Italia meridionale di inizio- metà novecento. Leggendolo ho pensato a libri come Libera nos a Malo o Cristo si è fermato ad Eboli. Anche qui si parla di un sud dove il tempo pare essersi fermato o non essere proprio partito, con usi incomprensibili per i forestieri. Un vero e proprio carcere intellettuale.

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Cesare Pavese

1908, Santo Stefano Belbo (Cuneo)

Studia a Torino dove si laurea con una tesi su Walter Withman. Sin dagli anni Venti legge i maggiori autori americani e inizia a tradurre le loro opere. Fra il 1935 e il 1936, per i suoi rapporti con i militanti del gruppo Giustizia e Libertà viene arrestato, processato e inviato al confino a Brancaleone Calabro. Tornato a Torino inizia a collaborare con la casa editrice Einaudi nel 1934 per la realizzazione della rivista «La Cultura», che dirige a partire dal terzo numero. Nel 1945-46 dirige la sede romana della medesima casa editrice. Ha svolto un ruolo fondamentale nel passaggio tra la cultura degli anni Trenta e la nuova cultura democratica del dopoguerra. Dopo la Liberazione, si iscriv al partito Comunista. Seguono anni di lavoro molto intenso, in cui pubblica le sue...

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