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Libro che si legge in un giorno. Contemporaneamente leggero e profondo, come forse solo Sciascia sa essere
Interessante anche se non troppo originale se letto oggi (2023), purtroppo il testo risulta un pò invecchiato, a tratti l'ho trovato poco scorrevole ma mai difficile, a suo vantaggio la brevità, consigliata solo ai fan di Sciascia.
Cosa c'è di più alto e sinistro insieme di un nome come Candido? Esposto inevitabilmente sul bilico della contraddizione, destinato al vocio irrisorio al primo approccio non buono, alla prima caduta, a scelte esitanti come tutti, a incontri confusi e a sfondi sociali mai nitidi nel loro corso, ecco già un uomo in un onomastico scricchiolante. Colpa bianchissima sia chiaro, egli è immune dall'aver voluto il proprio onomastico, ma in letteratura tutto fa gioco, tutto suona simbolico e pregnante, la coincidenza può nascondersi quanto vuole dietro stupendi ventagli, ma agisce non meno della perfezione di una balestra o dell'ironica maestria di cartomanti sagaci. Se poi il mazziere si chiama Leonardo Sciascia dobbiamo aspettarci, anche con voluttà trepidante, elegantissimi inganni e trucchi inattesi assai più del più impunito imbonitore in giro per le piazze. In che sogno siamo, o in che conflitto? Perché è così ferocemente perfetto il sottotitolo? Forse perché lo stesso autore ci cadde dentro quando il dopoguerra consegnò l'Italia a un'idea di ripartenza sana, di nuova vitalità e grandezza sulle calde macerie del trascorso. Dunque: cattolicesimo impegnato o comunismo profondo? Dove deviare? Dove posizionarsi? "Candido, una pagina bianca su cui, cancellato il fascismo, bisognava imprendere a scrivere vita nuova". Questo il crinale su cui posare il piede dell'intento, muoversi o tentare una vita, una crescita, un dentro credibile fra i marosi del male che si ricrea: "Lenin, un carpentiere che si fosse affaticato a battere sugli stessi chiodi, e tanta fatica non aveva impedito che qualche chiodo fosse piantato male. Un frastuono di cantiere. Marx: dopo aver visitato il cantiere, entrare nello studio di chi lo dirige". Come finirà? Scontro splendido, partita magnifica quando leggiamo che "è l'anima che mente, non il corpo. Il nostro corpo è il buon cane che guida il cieco". Nessuno che abbia un cuore vero può smentire questo diamante di frase. C'è tutto Sciascia in essa.
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