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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2019
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L'autrice ce la mette tutta, ma il suo approccio con la vicenda storica e i suoi protagonisti non convince: tutto il racconto risulta slegato e mai si avverte una empatica partecipazione alle tragiche testimonianze che raccoglie nelle sue interviste, apparendo sì colpita da esse, ma come se non le comprendesse appieno, non per sua superficialità, ma per sua impermeabilità a quei decenni di storia europea. Ben altro più forte messaggio hanno fornito altre ricostruzioni, come lo splendido film "Le vite degli altri", perfetta riproduzione dell'atmosfera della DDR.
Nè saggio nè inchiesta giornalistica, è un ibrido in cui ho faticato ad entrare, almeno per una buona metà. Mi è sembrato un puzzle slegato, con pezzi sparsi a caso, più interessato all'impatto emotivo delle storie raccontate che a ricostruire veramente il contesto storico. L'intenzione (dichiarata) dell'autrice di capire cosa significò per i tedeschi dell'est il crollo del mondo come lo conoscevano, mi pare sia rimasta in superficie. Forse andava letto quando uscì, vent'anni fa. Oggi, che molto si sa, sembra un libro un po' datato, anche se ben scritto. Pessimo il carattere minuscolo della Feltrinelli Economica.
"La Stasi disponeva di novantasettemila dipendenti - un numero più che sufficiente per tener d'occhio un paese di diciassette milioni di abitanti. Ma aveva anche oltre centosettantamila informatori tra la popolazione. Nella Ddr c'era un agente o informatore della Stasi ogni sessantatre persone". Un libro interessante e scorrevole, che ci dà uno spaccato della vita nella Germania dell'est all'indomani della divisione della nazione.
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