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Canwood, cittadina del Saskatchewan (Canada), 1947. Leonard Flint è un bambino solitario, che stringe un’amicizia anomala con il barbone del villaggio, un giovane uomo noto come Bill Zampe di Coniglio.
«Il libro straniero da leggere quest'anno». - Silvia Ballestra, Tuttolibri
«Un lontano episodio di cronaca nera del 1947. Un'amicizia pericolosa e i fantasmi dell'infanzia nel nuovo romanzo della canadese Helen Humphreys» - Robinson
«In questo romanzo - tratto da una storia vera - linguaggio ed eventi si incastrano alla perfezione. Helen Humphreys sembra un grande architetto, a tratti anche un ingegnere, che ogni cosa vede tanto da vicino come nell'insieme, e dall'alto. Quel che ne esce è la storia di una vita laconica e dolente ma compensata da un grande, purissimo amore. Di quelli che tutto incendiano» - Romana Petri, La Lettura
Bil vive in un rifugio di fortuna scavato alla base di una collina, circondata da una vasta prateria. È silenzioso, sgarbato, selvaggio, e tiene a distanza tutti, tranne il piccolo Leonard, cui permette di accompagnarlo quando deve piazzare le trappole per i conigli selvatici – dopo averli catturati gli strappa le zampe, per poi rivenderle come portafortuna. Il piccolo Leonard non desidera altro che trascorrere del tempo con Bill, che ama con un’ammirazione e una dolcezza straordinarie, a tratti inquietanti. Agli occhi del bambino, la pacatezza di Bill, i suoi silenzi, la sua generosità spiccia, incarnano un mondo ideale di affetto sincero, naturale, istintivo, e rappresentano anche la possibilità di fuga da un ambiente violento che lo opprime: a scuola, infatti, Leonard è perseguitato dai bulli e, a casa, il padre alcolizzato è molto severo e poco incline a tenerezze. Sarà quindi per Leonard un autentico shock vedere Bill compiere un atto crudele e apparentemente inspiegabile. Un gesto definitivo che alimenterà ancora di più l'ossessione di Leonard per Bill, e che avrà conseguenze ancor più drammatiche negli anni a venire, in particolare dodici anni dopo, quando Leonard sarà un giovane e brillante psichiatra nel più grande istituto di igiene mentale del Canada.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Quello che appare subito evidente leggendo "Bill" è la grande sensibilità con la quale la Humphreys , prendendo spunto da una vicenda di cronaca nera, racconta la storia di due esseri umani diversi in tutto eppure accomunati da un nobilissimo sentimento d'amicizia. Il Bill del titolo è un barbone strano e solitario. Leonard un ragazzino bullizzato e con alle spalle una famiglia disfunzionale. Scritto con rara delicatezza "Bill" è un romanzo di formazione che affronta temi importanti: la solitudine , l'emarginazione, la violenza e la malattia mentale.
Leonard è un bambino solitario che ammira e frequenta il barbone della sua cittadina, un giovane uomo noto come Bill Zampe di Coniglio. Il quale, inspiegabilmente, si renderà protagonista di uno sconvolgente avvenimento che avrà conseguenze drammatiche anche sulla vita di Leonard adulto.
Un buon romanzo tratto da una storia vera. Un ragazzino molto solo, con un padre severissimo e una madre succube. La scuola dove viene bullizzato. La conoscenza di Bill uomo solitario e taciturno lo farà innamorare e affezionare a tal punto che la loro frequentazione farà uscire la natura di Bill e il ragazzo negli anni a venire continuare a venerare...nonostante tutto.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Canada, 1970. C’è Flint, un uomo sposato, padre di una figlia di sei anni, che torna da Toronto a una remota provincia, il Saskatchewan, alla casa della madre, in occasione del funerale del padre. Fa i conti col suo passato, con lei, con due reduci di guerra, uno che ha molto amato, il vagabondo del suo paesino, e una che ha molto odiato, il padre. Sono le ultime decisive pagine di Bill (219 pagine, 17 euro), romanzo di Helen Humphreys, ispirato a vicende reali, pubblicato da Playground grazie alla traduzione di Chiara Brovelli. Raramente si dà il giusto risalto, fra le glorie canadesi, a Helen Humphreys, scrittrice immensa. In Italia si celebrano o si tengono in considerazione Alice Munro e Margaret Atwood, Anne Carson e Mordecai Richler, Margaret Doody e Michael Ondaatje, William Gibson e Douglas Coupland. Ma la potenza delle opere di Helen Humphreys, la sua scrittura affilata e precisa, il talento con cui si insinua tra le pieghe della vita, nei suoi luoghi oscuri, sono cose con cui chi ama la lettura dovrebbe confrontarsi. Trattasi di scrittrice speciale. In Bill Humphreys vola altissimo, come già le era capitato in La verità, soltanto la verità (se ne accenna anche qui), in Cani Selvaggi (ne abbiamo scritto qui) e non solo
Stavolta Humphreys si confronta con una storia vera e la piega alle sue esigenze, trasfigurandola. Leonard Flint, giovane psichiatra, riesce ad approdare al maggiore istituto d’igiene mentale del Canada, l’ospedale Weyburn: sembra l’inizio di una carriera importante, subito assecondato e ben voluto dal dirigente, il dottor Christiansen (Leonard, mollato malamente dalla fidanzata, finirà a letto con la moglie…), che lo ammette immediatamente ad alcuni esperimenti in cui i medici assumono LSD, «droga che altera la coscienza» e «crea una realtà alternativa»
L’LSD, nei suoi effetti, riproduce la condizione mentale di una persona schizofrenica e quindi, per capire meglio le sensazioni che prova, stiamo assumendo il farmaco noi medici, registrando i singoli eventi.
In questo istituto il medico ritrova quello che è stato l’unico amico della sua infanzia, il vagabondo del suo paesino, che tutti chiamavano Bill Zampe di Coniglio. Quando Leonard Flint era solo il piccolo Lenny c’era un unico individuo, Bill, praticamente un barbone solitario (selvaggio, istintivo, silenzioso) che riusciva a dare un senso alle sue giornate, coi sui cani e la sua grotta. Non un affetto innocuo, ma un’ossessione. Cementata da quello che pensava essere l’atto finale della loro amicizia: un omicidio, per mano di Bill, un assassinio inspiegabile e, scoprirà il lettore, non il solo. Il legame è morboso e malato, tanto che Leonard si rivolgerà a un collega, William Scott, per provare a riannodare i fili dei ricordi e capire cosa è successo nel passato, eventuali rimozioni.
Mi piaceva il suo spirito libero. Mi piaceva il suo modo di vivere. Agli occhi di un ragazzino era certamente romantico. Ammiravo il suo comportamento in mezzo alla gente. […] Non c’era nessuno come lui. Ho passato l’infanzia in una sfilza di cittadine nella prateria. Nessuno era eccitante come lui. Era una personalità eccezionale per un ragazzino come me. […] Sentivo di volermi dare a Bill. Volevo abbandonarmi, volevo farmi prendere e non tornare più, volevo liberarmi di me stesso, cadere fuori dalla forma della mia vita.
Il costante senso di inadeguatezza del protagonista, da ragazzo e da uomo, nella sua piccola comunità dove non ha amici ed è bullizzato, e nella sfera lavorativa, da adulto, prova ogni volta a trovare quiete nella presenza di Bill che «non è un uomo come gli altri», strappa le zampe ai conigli vivi, per farne amuleti. Un reduce di guerra come il padre, che però ha deciso di cambiare radicalmente vita. Sarà la sua seconda apparizione nell’esistenza di Leonard a far comprendere tante cose, a far luce sul passato. Pur essendo un romanzo dalla trama robusta, Bill ha i suoi punti di forza negli stati emotivi scandagliati con estrema vividezza, nei paesaggi psicologici, in due solitudini che si danno conforto e nel reciproco senso di rifugio, in un sentimento bestiale che per due volte si esprimerà nello stesso modo feroce, un’amicizia portata sempre alle estreme conseguenze. Comprensibile, infine, grazie alle “spiegazioni” di un personaggio quasi marginale, l’anziana Lucy Weber.
Recensione di Giovanni Leti
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