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recensione di Andrisano, A., L'Indice 1996, n. 3
Da scrittore vivace e fantasioso quale era, Frazer definiva la "Biblioteca" di Apollodoro "la pedante compilazione di un uomo mediocre che riferisce senza un tocco di immaginazione o una scintilla di entusiasmo la lunga serie di racconti e di leggende che ispirarono l'immortale produzione della poesia e le splendide creazioni dell'arte greca". Lo ricorda Giulio Guidorizzi nelle belle pagine introduttive alla propria traduzione della Biblioteca, alla quale con intelligente operazione ha affiancato l'ampio corredo di note con cui l'antropologo inglese postillò la grande enciclopedia mitologica dell'antichità. Segue l'"Appendice" alla "Biblioteca" dello stesso Frazer, la cui impostazione comparatistica permette di valutare le analogie e le consonanze dei miti greci con i racconti tradizionali di numerose civiltà tribali. Vengono così messe a confronto all'interno di questo consistente volume, reso di agile consultazione dal corposo indice finale, le posizioni dell'antico mitografo e del moderno mitologo.
Le osservazioni di quest'ultimo si allontanano, in realtà, in più direzioni dal testo di Apollodoro, che risulta utile pretesto per un autonomo percorso. Collegando infatti il mito alla superstizione, Frazer relega queste due manifestazioni primitive nel mondo arcaico della magia. Egli cerca di enucleare i supposti schemi di funzionamento di una sorta di "pensiero perduto" attraverso l'analisi della "Biblioteca" (che privilegia la traduzione letteraria del mito), però programmaticamente chiosata col supporto di Pausania, attento testimone della tradizione popolare orale.
Ma se gli obiettivi del moderno antropologo dimostrano una problematica ben più ricca in confronto alla registrazione pedante (quanto rispondente a un modello consolidato) dell'antico erudito, non mancano nelle postille di Frazer curiosità degne della propria fonte. Ed ecco allora che al racconto apollodoreo dell'eroica Alcesti che sceglie di morire al posto del marito Admeto, ma che torna in vita per intervento di Persefone o, secondo una versione alternativa (quella euripidea), per intervento di Eracle, il moderno e altrettanto colto mitologo accosta il ricordo di un'analoga vicenda storica, a sottolineare la presunta genesi di ogni racconto fantastico. Anna d'Austria, quarta moglie di Filippo II di Spagna, trovandosi il marito in fin di vita, pregò l'Onnipotente di accettare in cambio la sua. Il re guarì e la regina si ammalò di una malattia mortale. Nessun Eracle, commenta Frazer, divertito dall'analogia, "che completasse il parallelo con la leggenda greca, restituendola al fiore della vita e della bellezza"!
Il più celebre mito di Odisseo e Polifemo appare invece allo studioso comparatista discendere da un primordiale archetipo, generatore di una serie di innumerevoli varianti, raccolte da Grimm alla metà del XIX secolo e riportate da Frazer a evidenziarne la somiglianza con il mi-to greco, consistente nella centralità di un personaggio eroico alle prese con un gigantesco homo selvaticus.
Divertente, dunque, e ricca di suggestioni risulta la consultazione del volume, facilitata dalle osservazioni di Guidorizzi: lo studioso delinea il contesto storico entro cui ha origine il frazerismo e la sua rilevanza culturale, non senza aggiungere alcune interessanti considerazioni sulla fabulazione mitica come espressione fantastica, che procede per immagini come i sogni, un sorta di linguaggio "secondo" che oggi non è più possibile interpretare come frutto di un "pensiero selvaggio".
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