L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Io porto sventura alle città. [...] Per tutta la mia vita, non appena mi avvicinavo a una città, essa veniva distrutta". Già, è proprio un bel problema per Baudolino, soprattutto perché sembrava avesse lo strano potere - con fantasia e immaginazione - di anticiparle, quelle distruzioni. Arcane preveggenze e misteriose magie, o era solo uno che portava sfiga? Arrivata o, per meglio dire, ritornata ad Eco inseguendo il Prete Giovanni o Gianni che dir si voglia (leggendario re-sacerdote menzionato ne "Il milione" di Marco Polo) il cui nome, in quel contesto, mi aveva fatto anche un po' ridere, mi trovo a ribadire che Eco è, per me, fra i più grandi affabulatori la cui abilità narrativa mi incanta sempre. Questo vale praticamente per qualunque storia lui racconti; un po' come Baricco. E allora via; un altro viaggio esotico medioevale, romanzato, storico, fantastico e giallo nelle giuste proporzioni dal finale perfetto. Il racconto - in cui Eco raccoglie magnificamente l'eredità di Marco Polo ricalcandone analogie, ritmo e suggestioni nell'incedere avventuroso della narrazione -, è fluido, appassionante, accattivante, ironico e - quanto a viaggi e creature fantastiche -, degno del miglior Tolkien. Tutto ciò che c'è di immaginato - ed è parecchio - è reso talmente bene che ti pare di toccare con mano questo genio creativo quasi acquistasse una propria consistenza fisica. E questo è quello che succede quando l'erudizione è messa al servizio dell'ingegno.
Umberto Eco scrive un libro di 600 pagine il quale è una costante battuta. Non c'è davvero un momento di serietà che si possa apprezzare come tale nell'intera narrazione. Ogni frase, insomma, è la stessa di prima ed è seguita da una sua copia identica. Se questa è una prova di maestria nello stile (o di penuria, dipende dalle prospettive), l'effetto che ha è decisamente vomitevole. A ripetersi sono sempre gli stessi elementi: sentimenti banalizzati e talvolta brutalizzati, battute sulle feci, il fatto che gli uomini medievali fossero “semplici”, invettiva non elaborata alla religione, dati storici elencati senza arte. In questo modo il libro punta ad essere una costante risata. Ma se la risata è una “virtù”, il suo eccesso è senza dubbio un vizio, o peggio. E 600 pagine di battute tutte uguali intermezzate da secchi avvenimenti storici sono senza dubbio troppo. Dietro questo libro non c'è musica, non c'è poesia, non c'è ritmo, non c'è proporzione, non c'è un messaggio se non il cinismo, neanche molto profondo. Ho paura di coloro che leggono questo libro con piacere.
Umberto Eco è Umberto Eco. Punto
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore