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Bello e avvincente come tutti gli altri della serie
Recensione del libro ”Fiori per i bastardi di Pizzofalcone” di Maurizio De Giovanni - Di Ivana Amarugi - Coordinatrice del Forum Cittadini del Mondo diGrosseto I Bastardi di Pizzofalcone sono un gruppo di poliziotti che si porta dietro la fama di essere corrotti e incapaci poiché ognuno di loro a vario titolo è stato estromesso dal proprio commissariato e mandato per punizione dalle alte sfere a Napoli,al commissariato di Pizzofalcone.Questi poliziotti non possono essere più diversi l’uno dall’altro sia caratterialmente che per le storie e talvolta anche per i drammi personali della vita di ognuno.Tutti insieme sul lavoro però diventano un team perfetto che riesce a mandare avanti indagini difficili e complicate e a risolverle brillantemente e in breve tempo.In “Fiori” l’ultimo romanzo della serie devono scoprire chi ha ucciso,anzi massacrato,il proprietario di un chiosco di fiori.La vittima era una persona amatissima in tutto il quartiere per il suo prodigarsi bel togliere i giovani dalla strada e per la sua netta opposizione al pizzo sui commercianti.Sembrerebbe quindi un omicidio assurdo ed inspiegabile,ma mano a mano che le indagini vanno avanti vengono fuori particolari inimmaginabili sulla vita del fioraio.Per la squadra di Pizzofalcone quindi un caso difficilissimo che cercheranno di risolvere,per evitare la chiusura del commissariato,che per loro non è soltanto un posto di lavoro ma è diventato col tempo anche se può sembrare un luogo comune,”una familglia”
Libro da intrattenimento, senza infamia e senza lode. La struttura è un po’ da manuale: un gruppo di agenti/ispettori/operatori che si trovano a fare squadra, ognuno con le proprie particolarità e i propri limiti. Il tutto condito da legami e dinamiche forse un po’ banali e un omicidio da risolvere. Carino, ma nulla di più.
Recensioni
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Pizzofalcone. Un distretto di Napoli non molto vasto ma assai popoloso, che abbraccia una parte dei Quartieri spagnoli e va giù fino al lungomare. Un distretto variegato, fatto di quattro mondi: basso proletariato, borghesia impiegatizia, alta borghesia commerciale e aristocrazia, tutto concentrato in un’area di tre chilometri lineari.
Piccolo ma strategico. È questo che pensa l’ispettore Lojacono quando il commissario Di Vincenzo gli propone il trasferimento. Pizzofalcone sarà strategico e sarà un inferno, ma sarà sempre meglio che rimanere lì con un capo che gli sta profondamente antipatico. Lojacono è un ispettore investigativo di origine siciliana, ma dai tratti somatici orientali. Per questo tutti lo chiamano “il Cinese”. Napoli era stata la sua punizione, dopo che alcune gole profonde, in Sicilia, gli avevano attribuito legami con la mafia. Risolvere un caso importantissimo dopo pochi mesi dal suo arrivo e arrestare “il Coccodrillo”, il serial killer che aveva gettato la città nel panico, non gli era bastato per guadagnare la stima dei suoi colleghi, che adesso lo stavano candidando per l’"ambito" distretto di Pizzofalcone.
Un commissariato chiuso per infiltrazioni camorristiche. Alla fine di una lunga indagine della digos, quattro dei sei agenti che vi lavoravano erano stati arrestati per traffico di cocaina. Gli unici a uscire illesi erano stati l’anziano sostituto commissario Giorgio Pisanelli e il vice sovrintendente Ottavia Calabrese, entrambi con incarichi amministrativi. Gli altri erano stati sospesi e sostituiti in fretta e furia con il peggio che i commissariati limitrofi potessero offrire: quelli che tutti ormai chiamavano “I Bastardi”. Oltre al sospetto mafioso Lojacono e al giovane commissario di belle speranze (e piglio da venditore di aspirapolvere) Luigi Palma, il commissariato poteva annoverare tra i suoi nuovi acquisti un giovane raccomandato e invasato con l’aria da attore di fiction, Marco Aragona, e due mezzi psicopatici, Alessandra Di Nardo e Francesco Romano, una con la mania delle armi da fuoco e l’altro, depresso e violento, con il vizio di pestare di botte i sospettati.
I Bastardi di Pizzofalcone hanno una cosa in comune: non hanno niente da perdere. Sarà per questo che quando il cadavere della bella signora Festa, moglie del notaio, viene rinvenuto con il cranio fracassato nel suo elegante appartamento sul lungomare di Napoli, gli agenti si tuffano nelle indagini con sorprendente zelo.
Lasciata la Napoli fascista degli anni Trenta, in cui Maurizio De Giovanni ha ambientato la sua nota serie dedicata al commissario Ricciardi, è la Napoli attuale e più nera quella che viene descritta in queste pagine. Un nuovo interessante commissario protagonista, che i lettori hanno già conosciuto nel romanzo Il metodo del coccodrillo (Mondadori, 2012) si aggira per le strade di una città sempre più immersa nel “Noir mediterraneo” e sempre meno indulgente verso i suoi abitanti. Quello che ne viene fuori è un romanzo poliziesco dalle curve classiche ma dalla spinta propulsiva contemporanea. Dialoghi veloci, linguaggio della strada, situazioni tratte dalla cronaca nera, ma anche un ampio spazio per la descrizione di una città sempre più feroce, pur nella sua opulenta bellezza. De Giovanni emerge attraverso l’aria salmastra partenopea con una scrittura fluida e trascinante e imbastisce un classico romanzo poliziesco deduttivo, che ha per protagonista un ispettore dal grande fiuto, dal ragionamento sottile e con un’attenzione quasi maniacale per i particolari. Lojacono è implacabilmente noir, anche nella sua turbolenta vita privata, come lo sono tutti i Bastardi di Pizzofalcone: talmente imperfetti da sembrare veri.
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