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Testo veramente ostico, ma da affrontare (meglio con più letture). È leggibile sotto diverse prospettive, data l'interdisciplinarietà richiesta da questa teoria.
La scheda di Bert, G., L'Indice 1985, n. 8 è fuorviante, si focalizza sulla teoria dei sistemi e perde completamente di vista che gli autori scrivono di fenomeni biologici. Non concordano circa l'estensibilità del loro apparato teorico ai sistemi sociali, e perciò evitano expressis verbis di trattare l'argomento. Né mi pare si concentrino sull’osservatore come componente del sistema, bensì come sistema che osservando compie un'operazione descrittiva, mette cioè in relazione le interazioni che definiscono un'entità con un'altra entità o con uno sfondo/contesto (tra quelli possibili nel dominio cognitivo dell’osservatore) che può osservare contemporaneamente all'entità osservata e che gli consentono di coglierne l'identità, ma solo nel suo dominio cognitivo appunto. L'identità del sistema vivente è altra cosa ed è definita dalla sua organizzazione autopoietica: un'organizzazione di processi capaci di produrre componenti le cui proprietà consentono di produrre gli stessi processi (nel primo saggio presente nel libro, antecedente alla sistematizzazione teorica, con Varela, del concetto di autopoiesi, Maturana usa l’espressione “circolarità basilare”). Un libro ostico, perché si propone l’arduo compito di spiegare l’inspiegabile. E ci riesce. Con l’ulteriore piacevole effetto collaterale di spazzar via idee traballanti, trite e vetuste (a oggi, forse non all'epoca dei saggi di Maturana e Varela) in tema di comunicazione e informazione.
Se la costellazione tipica dei sintomi autistici, sia nella forma grave e specifica, sia nella forma “normale” e aspecifica, è definibile come una modalità peculiare di ritiro, isolamento e distacco dai rapporti interpersonali e dall’interazione ambientale, e se entrambi i modelli teorici proposti dalla "Cognitive Development Unit" londinese sono in grado di fornirne una spiegazione neurobiologica (cf. Uta Frith, 3a ed. 2007), ne esiste pure una terza proveniente da tutt’altro filone di studi. Il modello neurobiologico dell'autopoiesi, proposto da Maturana e Varela, dimostrerebbe d’avere anch’esso un valore esplicativo di portata generale: la chiusura organizzazionale encefalica prevarrebbe sulla sua apertura in termini di "pesi" connessionistici, fornendo così delle basi scientifiche alla monadologia leibziana, nonché al solipsismo e al costruttivismo, se non ontologici e radicali, quantomeno esistenziali. In termini matematici: cervello come macchina ricorsiva prevalentemente autoreferenziale. In termini di teoria della comunicazione: dalla comunicazione stessa all'informazione e infine alla pura e semplice "espressione".
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1985)
scheda di Bert, G., L'Indice 1985, n. 8
La teoria dei sistemi è diventata nota tra noi principalmente per l'opera di divulgatori geniali come Watzlawick: l'opera di Bertalanffy è tuttora poco conosciuta, mentre quella dei più importanti studiosi dell'argomento comincia ad essere tradotta solo da poco. È il caso di Bateson, ancora tutto da scoprire, e di Maturana e Varela, mentre Morin attende ancora una traduzione completa. I saggi di Maturana e Varela, biologi cileni, sono dei primi anni settanta: leggendoli oggi si scopre con sorpresa che i grandi temi posti dalla sistemica sono già tutti presenti ed integrati in un'opera breve, non facile, estremamente densa e stimolante. Al centro sta la riscoperta della relazione, la ricerca di una sintesi che non sia la pura e semplice somma di competenze specialistiche, ma che includa la dinamica continua delle interazioni. Ciò significa che, all'interno di una relazione, cioè di un sistema con un'organizzazione propria, ogni proprietà misurabile della struttura si modifica continuamente attraverso una serie di adattamenti, così da cambiare anche in modo radicale, ma non scompare mai. In altri termini, la stessa cosa può diventare irriconoscibile se la si osserva di nuovo. Ciò sposta l'osservatore dal centro ad una semplice componente del sistema ed esclude che qualsiasi descrizione dei fenomeni sia obiettiva: essa appartiene sempre al dominio di descrizione di chi osserva ed ha senso solo in un contesto determinato.
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