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Raccolta di racconti di viaggio di Chatwin con spunti di verità infarcite da una fervida fantasia. Nella sua anatomia si rivivono i suoi viaggi, l'interesse culturale per luoghi e persone, per l'arte e per gli infiniti modi di vivere che fanno pensare ad altrettante possibilità, lo studio quasi scientifico delle persone e delle loro abitudini e il nomadismo. Mi sono piaciuti molto i racconti su Axel Munthe e Curzio Malaparte e la parte sulla Patagonia.
Non si tratta né di un romanzo né di una narrazione odeporica come Via dei canti. Pubblicato postumo e curato non direttamente da Chatwin, il volume serve per rendersi conto della scrittura poliedrica dell'autore. Riporta quindi alcuni testi editi e altri inediti che parlano di viaggi, arte, letteratura e alcuni racconti. Bellissime le prime pagine autobiografiche e pure gli articoli su Capri e il piccolo saggio su Stevenson.
Una raccolta di racconti dello stesso Chatwin che riescono a trasportarti nella mente dello scrittore e nella sua irrequietezza travolgente
Recensioni
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La cosa migliore è camminare […]. Infatti, la vita è un viaggio attraverso un deserto.
Si può dire che in pochi abbiano vissuto l’istinto di girovagare con più intensità di questo giovane autore: la vita è un viaggio e Bruce Chatwin non ha nessuna intenzione di passarlo seduto “nella sua stanzetta’’. In Anatomia dell’irrequietezza, Chatwin affronta con molta franchezza la sua attrazione per l’alternativa nomade, conscio che ad ogni primavera sentirà il bisogno di partire e pronto ad accettare questa necessità.
Un vagabondo che ho incontrato una volta ha descritto benissimo la nostra involontaria coazione a girovagare: «È come se le correnti ti tirassero lungo la strada maestra. Io sono come la sterna artica, che vola avanti e indietro dal Polo Nord al Polo Sud».
Il titolo esprime perfettamente ciò che il lettore scoprirà attraverso queste storie e lettere, questi racconti brevi e schizzi di viaggio nei quali Chatwin si mette più a nudo che mai. Chi già lo conosce non potrà non pensare a quella sua irrequietezza che lo spinse impulsivamente nell’angolo più remoto del mondo avvisando con un laconico telegramma: “Sono andato in Patagonia’’.
Il volume raccoglie scritti che vanno dal 1968 al 1987, un periodo breve e intenso in una vita anch’essa breve.
I brani raccontano tante forme e prospettive della vita di Chatwin: esperto d’arte e archeologo, giornalista ed esploratore, narratore e critico letterario. Tutte, però, unite dallo stesso filo conduttore: l’horreur du domicile - ovvero il richiamo della via maestra, il bisogno di ripartire ogni volta, di spostarsi con le stagioni; di lasciare il piccolo studio ben ammobiliato di Londra e percorrere a piedi le strade polverose del mondo.
Così Anatomia dell’irrequietezza descrive l’istinto da uccello migratore del giovane Chatwin. Per coglierne tutta la ricchezza, al lettore sta solamente di non cedere all’irrequieta struttura del libro stesso.
Francesca Cassi
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