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Nel corso della storia, le donne hanno dovuto combattere una battaglia estremamente individuale per l’emancipazione, ottenendo i medesimi privilegi concessi al sesso maschile, entrando a farne parte: fingendosi uomini. L’amore tra donne nella storia (224 pagine, 23,50 euro) di Daniela Danna (Venexia editore) raccoglie voci, documenti storici, poesie, foto, locandine e diari proibiti, di donne costrette a tacere il loro amore… per altre donne. Da Saffo a Virginia Woolf, da Violet Keppel a Sibilla Aleramo, sono davvero tante le vicende, alcune delle quali inedite, straordinarie e incredibili che la sociologa Danna ci permette di conoscere con il suo saggio avvincente e ben documentato. Storie di amori passionali conturbate da sentimenti segreti, sussurri e qualche volta anche dalla follia. Come quello, ad esempio della monaca messicana della seconda metà del Seicento, Juana Inés, poetessa oggi riconosciuta tra le più celebri della letteratura ispanica, che pur di non sposarsi decide di entrare in convento; o quello della leggendaria Madamoiselle de Maupin, la cantante più celebre della Francia settecentesca che prima di diventare famosa percorre l’intero paese in abiti maschili, per recitare. Quando si innamora di una ragazza, questa viene rinchiusa in convento dalla famiglia, per far tacere le dicerie sulla sua presunta omosessualità. De Maupin decide di seguirla, si spoglia degli abiti maschili si finge ereditiera e di avere visioni che la esortano a entrare in convento. Quando si ricongiunge con l’amata, in quel luogo sacro, escogita un piano machiavellico per fuggire dal convento: trafuga il cadavere di una suora appena deceduta, lo colloca nella cella della sua innamorata, appicca il fuoco e approfitta della confusione per scappare con la donna che sarebbe stata creduta morta.
Una lotta eterna, quella affrontata dalle donne, tra caccia alle streghe e lettere scarlatte. Le vicende di donne (e uomini) che hanno dovuto fingersi altro pur di continuare la relazione senza essere tacciate di scandalo: “amiche romantiche” ispirate al neoplatonismo, per esempio, in era moderna e contemporanea non si sposavano e passavano la vita insieme senza suscitare scandalo o repressione. Il vero cambiamento avviene nell’Ottocento quando si cominciano a gettare ombre di sospetto sulle amicizie femminili e sulle zitelle, che dovranno difendersi dalle accuse di lesbismo.
La resistenza per l’affermazione della propria sessualità, come documenta bene la sociologa Danna nel libro, inizia intorno alla metà dell’Ottocento quando alcune voci isolate di uomini si dichiarano apertamente omosessuali; come nel caso di Kartbeny, un romanziere austro-ungherese che intraprende una battaglia giuridica per chiedere la soppressione dell’articolo del codice penale che reprime l’omosessualità maschile. Anche l’inglese Carpenter si batte per la difesa del “sesso intermedio” ribadendo il concetto del ritorno a una vita semplice contro le “barbarie della civilizzazione”.
“Le lesbiche sono un mucchio di pazze. L’antagonismo con l’uomo è quasi una malattia per loro”
Nei primi anni del Novecento, la “questione sessuale” diventa torrenziale.
La faccenda diventa scottante e si tramuta in letteratura: verranno pubblicati saggi che riconoscono nell’omosessualità un invertimento della psiche, una malattia genetica. Vengono pubblicati romanzi a tema, puntualmente censurati e proibiti; nascono movimenti politici e organizzazioni, come il movimento delle suffraggette. Una importante influenza l’avrà il saggio dello psichiatra austriaco Richard von Krafft-Ebing, dal titolo Psychopathia sexualis, scritto allo scopo di riconoscere i fenomeni morbosi della vita sessuale, secondo cui nelle famiglie degli “invertiti” si riscontrano anche fenomeni di degenerazione, come nevrosi, psicosi e alcolismo. Anche lo psichiatra Hirschfeld sostiene in quegli anni che la spia dell’inversione si trova nei tratti maschili che comprendono l’indipendenza e il rifiuto della sottomissione. In questo clima di intolleranza si generano organizzazioni e movimenti politici come quelle delle suffraggette. Emmeline Pankhurst e altre migliaia di donne in tutto il mondo chiedono il voto «e castità per gli uomini, sapendo che gli impulsi sessuali maschili hanno come conseguenza incesti, violenze carnali, prostituzione e insegnano agli uomini che il gentil sesso è degno di rispetto».
Nel 1928 un romanzo, subito censurato e proibito, dal titolo Il pozzo della solitudine di Marguerite Radclyffe Hall, una scrittrice inglese che si faceva chiamare John. il libro fu criticato dal giornalista Douglas del Sunday Express che commentò il romanzo dicendo che avrebbe messo più volentieri una fiala di acido prussico nelle mani dei giovani che non quel romanzo. Il libro è stato messo al bando dei libri proibiti. Veniva sequestrato dalla polizia e definito “letteratura proibita”. Marguerite Radclyffe Hall Lesbica, autodefinitasi invertita congenita (termine che prende dalla letteratura di Havelock Ellis, medico) dopo una realtà familiare burrascosa e diverse esperienze sentimentali fallimentari trova finalmente una stabilità affettiva al fianco di Una Troubridge, che durerà fino alla sua morte nonostante le numerose infedeltà.
Tantissime storie di donne dagli amori scandalosi frenate dall’imperativo eterosessuale imposto dal patriarcato che ostacolandole fino a negarle le ha etichettate oltraggiose, scandalose, vergognose e ribelli. Ma erano e sono donne che hanno amato altre donne, hanno lottato per esser riconosciute e rispettate, hanno combattuto per un diritto in cui credevano; lo hanno fatto fingendosi alfieri e soldatesse, hanno tagliato i capelli, indossato calzoni e maglie larghe per nascondere i seni: hanno finto di essere uomini, per poter continuare a essere donne. Un saggio intrigante e ben costruito, che racconta una grande lotta di resistenza e passione.
Recensione di Margherita Ingoglia
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