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Acido solforico è un romanzo di circa 150 pagine scritto da Amélie Nothomb ed edito Voland. Una storia feroce e crudele che ho letto in poche ore. Una storia che ci fa riflettere su quanta bassezza possa arrivare l'essere umano, capace di tutto per spettacolarizare il dolore. Più volte i personaggi e noi lettori ci chiediamo "chi è il vero mostro? Il governo, la televisione o le persone che guardano il reality?" Questo è il primo libro che leggo di Nothomb e sicuramente leggerò altro. La scrittura asciutta mi è piaciuta e la storia è riuscita a coinvolgermi. Un breve libro dallo stile graffiante e, in alcuni punti, difficile da digerire che mi è piaciuto e che consiglio.
Deludente, troppo sotto la media di Ameliè. L'invenzione di un reality estremo, la ricostruzione di un campo di concentramento con veri prigionieri, veri kapò, vere esecuzioni. tante questioni etiche messe in gioco in questo massacro, dalla spersonalizzazione dell'essere umano alla spettacolarizzazione dell'omicidio al televoto. Troppe e troppo grandi, non ne viene fuori nulla di coerente (come invece nelle Catilinarie). Completamente strumentale l'evocazione di Primo Levi (nel personaggio di Pietro Livi). Un pasticcio. Peccato, adoro Ameliè.
Secondo libro della Nothomb che leggo e seconda volta che resto impressionato positivamente. Nella sua assurdità totale il racconto distopico colpisce per quanto sia affilato nel denunciare l'oscenità del voyeurismo che i reality hanno fatto scivolare sottopelle ai telespettatori, la capacità del peggio di andare sempre un po' oltre, superando tutti i limiti della decenza. C'è anche il tema della politica, che è sempre talmente tanto indietro nel comprendere la modernità da non riuscire a fare scelte o da compiere scelte senza senso o anacronistiche. Interessanti i personaggi, il libro si legge in poche ore ma offre spunti di riflessione per molte. Notevolissimo!
Recensioni
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Al suo tredicesimo romanzo breve poco più d'un racconto la fortunata e originalissima scrittrice belga ora quasi quarantenne punta il dito sul recente fenomeno del reality show inventando che questa volta la televisione non ha puntato su gente comune al chiuso o all'aperto di qualche isola esotica ma ha ricostruito la vita e la morte in un lager tedesco. Per millenni è sopravvissuta nell'immaginario occidentale la caduta di Troia ma il secondo Novecento e noi stessi abbiamo un indimenticabile analogo che è l'orrore senza pari del nazismo. Quest'orrore getta ancora sui nostri tempi mediocri come un'ombra fuori misura forse una sorta di grandezza e ogni libro o film che vi faccia riferimento ha buon gioco. Che la televisione potrebbe ricostruire un reality dai lager è assurdo ma chi dice che per offrire sempre nuove emozioni a un pubblico sazio e svagato non potrebbe farlo?
In Francia Acido solforico ha suscitato pubbliche proteste da parte dei giornalisti televisivi; forse anche reazioni silenziose in quelli che davanti al La vita è bella del nostro Benigni avevano pensato: no dei lager non è lecito fare una favola a lieto fine. Nothomb ne ha fatto però un j'accuse una violenta satira del sadismo ipocrita e incosciente del pubblico che deplora l'orrore ma non ne perde poi una puntata. Questa è la forza e la serietà del libro.
La sottotrama del racconto è costituita dal rapporto fra una bellissima prigioniera dal bizzarro nome di Pannonique e la volgare capò Zdena giovani entrambe entrambe catturate per strada dagli organizzatori dello show e dall'amore infelice di quest'ultima per la prima un amore che poi la redime rendendo possibile un lieto fine – la distruzione del fittizio lager con delle finte molotov. La coppia bella-bestia l'inno alla virginea bellezza della gioventù non sono una novità nei libri di Nothomb colta elitaria nemica della bruttezza e della stupidità corrente (vedi Igiene dell'assassino Attentato Mercurio e in qualche misura Anticrista) e anoressica per disgusto della nostra grevità sulla terra (in Biografia della fame) ma questa volta il sacrosanto sdegno di fronte al consumo televisivo le fa perseguire fra taglienti battute e paradossi un visibile scopo educativo. La speranza è tuttavia quasi nulla: la scrittrice è convinta che la nostra civiltà non abbia ancora toccato il fondo del degrado. E cosa resta se non il piacere di scrivere?
L'idea del lager è magnifica ma i racconti che partono da un'idea troppo buona spesso non si reggono sino alla fine: la sorpresa si concentra all'inizio il dopo è per forza più pallido. In Acido solforico c'è ancora un bel coup de théatre a due terzi della storia – il pubblico chiamato a votare quali prigionieri devono essere le prossime vittime: delle uccisioni in diretta sono tuttavia impossibili a narrarsi di per sé ma soprattutto in un racconto finora solo grottesco. L'ultima parte del libro perde tensione: il rapporto fra la bellissima e la capò si spiritualizza in un congedo ferroviario con un appello a un bene duraturo al di sopra del sesso. All'ultimo incontro con un onesto ex compagno di lager dal significativo nome di Pietro Livi la bellissima si propone di dedicarsi a far felice la gente. Oddio pensa Livi non vorrà diventare dama di carità. Non è questo: la bellissima imparerà a suonare il violoncello. Perché il violoncello? Perché è lo strumento che somiglia di più alla voce umana. Il violoncello è chiaro che sta per l'arte e al tempo stesso è un messaggio d'umanità. Però la bontà artisticamente non rende.
Anna Maria Carpi
Una troupe televisiva fa una retata nelle strade di Parigi per reclutare i partecipanti a un reality show dal titolo "Concentramento", scegliendo a caso tra la popolazione. I partecipanti vengono caricati su vagoni piombati e internati in un campo dove altri concorrenti recitano il ruolo di kapò. Sotto l'occhio vigile delle telecamere i prigionieri vengono picchiati e umiliati in ogni modo; il momento più atteso arriva quando, ogni settimana, i telespettatori decidono l'eliminazione-esecuzione di uno di loro dallo show con il televoto.
L'ultimo libro della Nothomb, un'autrice da sempre al centro di polemiche, per questo romanzo che sta dividendo critica e pubblico: pagine terribili, metafora di una società in cui la sofferenza diventa spettacolo.
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