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Il Gesú piú sovversivo e dissacrante che avete mai incontrato, ma soprattutto il piú divertente.
Dopo una settimana di vacanza che sarebbero cinque secoli di tempo terrestre, Dio torna in ufficio, ancora col cappello di paglia e la camicia a quadri. Era andato in vacanza, a pescare, in pieno Rinascimento, quando i terrestri scoprivano un continente alla settimana, e sembrava andasse tutto a gonfie vele. Al suo ritorno, però, il quadro che gli fanno i suoi ha del catastrofico: il pianeta ridotto a un immondezzaio, genocidi come se piovesse, preti che molestano i bambini... «Che cazzo sta succedendo sulla Terra?» Dio non è solo ultradepresso, è anche furibondo. L'unica soluzione, pensa, è rispedire sulla Terra quello strafatto di suo figlio. – Sei sicuro sia una buona idea? – gli chiede Gesú. – Non ti ricordi cosa è successo l'altra volta? – Ma Dio è irremovibile. Cosí Gesú Cristo piomba a New York, tra sballoni e drop out di ogni tipo. E cerca, come può, di dare una mano agli sfigati della Terra. Il ragazzo non sa fare niente, eccetto suonare la chitarra. E riesce a finire in un programma di talenti alla tv. Un gran bel modo per fare arrivare il suo messaggio a un sacco di gente. Ma, come già in passato, anche oggi chi sta dalla parte dei marginali non è propriamente ben visto dalle autorità. Dissacrante e provocatorio, A volte ritorno demolisce con incontenibile ironia l'intero spettro delle malefatte umane, senza risparmiare santi, profeti e abitanti del paradiso... perché, in fondo, tutto quello che Dio aveva intenzione di consigliarci era un semplicissimo «FATE I BRAVI».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Mi ero aspettata qualcosa di completamente diverso: divertente, certo, ma di sicuro non tenero. Pensavo che il Gesù di ritorno sulla Terra sarebbe stato vendicativo, privo di valori, scurrile. Ripercorre invece la sua storia, passando nuovamente attraverso quelli che sono i passaggi chiave del Nuovo Testamento, in versione moderna. Non solo: è bello e buono, trasmette così tanta serenità che la si percepisce nettamente attraverso i suoi occhi azzurri. Non lo definirei quindi "dissacrante" come lo hanno descritto in altre recensioni. Per di più, la serenità dimostrata nel percorso della "Passione" lo rende quasi un eroe dei nostri giorni. Leggero, ma sicuramente non banale: il testo si presta facilmente a più livelli di lettura e i riferimenti culturali inseriti tra le righe sono innumerevoli. Impressionante quanto alcune situazioni descritte sembrino ormai datate, pur essendo trascorsi solo 12 anni dalla sua pubblicazione. Ma d'altra parte siamo sottoposti a trasformazioni continue, la società si sviluppa in modo incessante. Allo stesso tempo, però, si ha anche la sensazione opposta: che le logiche del "capro espiatorio" difficilmente verranno mai meno, e che quanto narrato nella Bibbia debba ripetersi sempre. Ho trovato interessante la traduzione, e in particolare quanto la personalità di ciascuno dei protagonisti riesca ad emergere attraverso il proprio modo di esprimersi. Emblematico in questo senso il "cippa lippa" che si trova verso la fine del volume: infantile, dialettale e fortemente italianizzato. Mi chiedo se sia opera del traduttore o di chi si è occupato della revisione. In ogni caso, la scrittura è scorrevole e semplice; la trama originale e adatta a tutti (cattolici compresi). Lo consiglio senz'altro, specie quando si è più malinconici.
L'idea di fondo è originale: un Gesù Cristo moderno, in versione hippie, decide di ritornare sulla Terra, schifato non tanto dall'assenza di fede, quanto dai crimini di ogni genere che gli uomini, in nome di Dio, perpetrano. Eppure, nelle pagine di questo libro, vedo l'intenzione da parte dell'autore di togliersi qualche sassolino dalla scarpa per via di discriminazioni che, nel corso della sua vita, avrà subito. L'errore di fondo di Niven, però, è quello di comportarsi come certi putitani sempre pronti a puntare il dito. Per carità, è giusto lottare contro i pregiudizi, ma mi pare che l'autore a pregiudizio opponga altro pregiudizio. I credenti? Tutti bigotti. I preti? Eh, chissà quali scheletri nell'armadio avranno nascosti. Il libro è bello e originale, ma forse un po' troppo autoreferenziale.
Dopo poche pagine ero tentato di lasciar perdere perché mi sembrava alquanto volgare, ma poi a pensarci bene, forse anche Dio e suo figlio al giorno d'oggi hanno deciso di adeguarsi ed esprimersi a suon di cazzi etc.. Stupenda la descrizione della decadenza della società occidentale.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ci vuole fegato a scrivere un libro che parla di un ritorno del Cristo sulla terra. Ci vuole una bella dose di idiozia. E tanta, tanta ironia. Che a Niven, obiettivamente non manca. Molta della sua produzione letteraria ne è impregnata, questo è un suo innegabile tratto distintivo. Perché allora non imbastire una storia surreale, dove – ma che lo dico a fare? – ritroviamo tutte le dinamiche, i dialoghi, i personaggi tanto cari alla narrazione dell’autore scozzese. La forza di A volte ritorno (388 pagine, 13 euro), che assomiglia a un lotto volante, talvolta brillante, altre volte invece banale, non è tanto nel racconto in sé – nell’impalcatura di fondo il collegamento a Lui è tornato di Timur Vermes è quasi automatico -, quanto piuttosto nella figura del Nazareno. E nella scarnificazione del suo messaggio.
Dimentichiamoci – nel romanzo di Niven, edito da Einaudi, con la traduzione di Marco Rossari – il Gesù insegnato a catechismo, quello che porge l’altra guancia e fa miracoli a manetta. Il Messia che ci dipinge il buon Niven è di un’altra pasta: biondo come Cobain, carismatico come Jim Morrison, pacifista come Lennon. È un Cristo che non disdegna la ganja, che se capita si spara in vena un po’ di eroina. Che rimorchia donnine, che suona la chitarra manco fosse Hendrix. Insomma, il personaggio in questione, assolutamente fuori dagli schemi classici, è più vicino a un fricchettone degli anni ’60 che non al Salvatore misericordioso che ciascuno di noi ben conosce. In un mondo che collassa sotto il peso delle guerre e dei fondamentalismi religiosi, degli omicidi e della sete di potere, un Dio stralunato e festaiolo decide di rimandare il proprio figlio sulla terra per riportare un po’ di ordine e per rispolverare il suo unico e vero insegnamento: «Fate i bravi». Sì perché questo è il solo messaggio evangelico, altro che le sciocchezze dei dieci comandamenti furbescamente inventati da quell’arrogante di Mosè (Dio dixit). Come già duemila anni fa, anche questa volta, però, l’accoglienza non sarà delle migliori.
Rispetto all’America del XXI secolo, Sodoma e Gomorra sono posti da educande. L’Occidente è diventato un palcoscenico torbido di soldi e ambizioni, dove il paziente Gesù proverà a diffondere il verbo dell’amore, «per dare speranza a chi dispera». Ma senza moltiplicazioni dei pani e dei pesci e senza parabole, al massimo qualche assolo di chitarra e un paio di pacche sulle spalle, il tutto sotto i riflettori pruriginosi di un importante programma televisivo americano che lo trasformerà in una star.
La fama sarà allora il volano per riproporre, in chiave più contemporanea e compassata, una sorta di nuovo “Discorso della Montagna”, il cui nocciolo di fondo sarà quello del vivi e lascia vivere. Nient’altro. La sua evangelizzazione parte e finisce qui. Insieme a lui una compagnia di emarginati – una ex prostituta, ad esempio, persino un veterano della guerra del Vietnam. Con questi e altri scalcagnati compagni di merende, i nuovi Apostoli tra cui un novello Giuda, il Nazareno si rivelerà al mondo, ma il mondo, come sempre, risponderà con un sonoro calcio nel culo e un poderoso “vaffanculo, bello!”.
Se qualcuno si aspetta un meta-messaggio rimarrà deluso. Non c’è una particolare dietrologia in quest’opera che pure mette il dito in tante piaghe del mondo moderno. Senza paternalismi e/o moralismi, però. Alla fine sembra quasi che la salvezza cui tutti si aspira sia proprio lì, dietro l’angolo, a portata di mano, purché si decida di vivere senza rompere troppo le scatole al prossimo. Affiora qualche leggerezza di troppo nella trattazione di alcuni temi, ma alla fine non si rimane delusi – il bene vince sempre, Satana se lo prende in quel posto! – e addirittura viene da domandarsi se in questa disincantata e atipica descrizione del Creatore, in fondo in fondo, non ci sia anche un briciolo di verità.
Recensione di Alessandro Orofino
Se avete voglia di leggere qualcosa di molto divertente ma non banale, provocatorio ma non volgare, qualcosa che stimoli il vostro spirito critico mettendo fortemente in crisi le vostre più ataviche convinzioni… allora questa potrebbe essere la lettura che fa per voi!
Come la pensereste se vi dicessero che Dio, il Creatore, l’Onnipotente – sì, insomma, proprio Lui – ne ha le scatole piene dell’Umanità, che è così tremendamente deluso e sconfortato dai disastri combinati dall’Uomo da cedere alla tentazione di mandare tutto a gambe all’aria? Se desse retta a quella testa calda di San Giovanni, l’Apostolo prediletto, sarebbe il momento di dare una bella dimostrazione di chi è il capo. Cavallette, Apocalisse, Armageddon…una bella spazzata e via! Tanti saluti e si riparte da zero! E dire che San Pietro lo aveva messo in guardia su quella faccenda del libero arbitrio…Però Dio non è convinto e ci ripensa: non ha fatto tutto quel lavoro per buttarlo alle ortiche con uno schiocco delle sue celestiali dita. Non si è sorbito l’Archeano e il Proterozoico tutto da solo (“Provateci voi a fare quattro chiacchiere con un eucariote!”), il Paleozoico a fissare scarafaggi e lucertole, per non parlare di quella pallosissima Età del Bronzo che sembrava non finisse mai…
Quando aveva visto finalmente un po’ di civiltà con i Greci e i Romani si era rincuorato. D’accordo, una lieve caduta di tono verso il Medio Evo, però subito dopo, con il Rinascimento, si era davvero inorgoglito! Troppo… quella vacanza premio che si era concesso era stata una vera imprudenza, avrebbe dovuto tenere d’occhio le Creature ancora un attimo ma si era voluto fidare… giusto qualche settimana per andare a pescare (il tempo Celeste è un po’ diverso da quello sulla Terra) e al suo ritorno cosa trova? Il pianeta ridotto a un immondezzaio, carneficine e genocidi, le peggiori crudeltà perpetrate dall’uomo verso altri uomini, per non parlare di come vengono trattati gli animali! Il Creatore è veramente indignato: “Ma era poi così difficile seguire quell’unico, semplicissimo comandamento che vi avevo dato? FATE I BRAVI…”. Tutto qui.
Così gli tocca di rispedire ai piani di sotto il povero Gesù, che se la stava allegramente spassando fumandosi le canne e schitarrando in compagnia di Jimi Hendrix (se uno deve scegliersi un insegnante di chitarra punta sul migliore, è ovvio). Il ragazzo, memore di com’era andata la sua prima volta, non è affatto entusiasta, ma non può che obbedire agli ordini di suo Padre. Così Gesù, con uno stile tutto suo, ritorna sulla Terra: un lungo viaggio coast to coast da New York a Los Angeles, per dimostrare che avere compassione, empatia e sensibilità è ancora nella capacità dell’uomo, che vivere in comunione si può fare e che, anche se tutto sembra dimostrare il contrario, la via della semplicità è l’unica che porti alla felicità.
Non consiglierei assolutamente questo libro a chi è stretto di vedute ed è privo di ironia, o a chi patisce il turpiloquio perché la scrittura è molto “disinvolta”. Alcuni temi sono trattati in modo veramente dissacrante e probabilmente urterebbero la sensibilità di chi ha una fede molto ortodossa. Chi invece ha il coraggio di ammettere che la Chiesa per prima non ha saputo rispettare l’unico enunciato divino (“Fate i bravi!”) e che – ora come allora – chi si schiera con i fatti, e non solo con le parole, dalla parte dei più deboli e degli emarginati non è ben visto dalle autorità, allora potrà trovare questa lettura accattivante e senza dubbio anche molto, molto attuale.
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