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Anno edizione: 2015
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«Le voci della sera è una storia di persone che cercano di sotterrare i pensieri, d'identificarsi soltanto nei gesti che compiono e nelle parole che dicono e finiscono per ritrovarsi strette in una morsa di assurdità e di dolore» – Italo Calvino
In questo romanzo, scritto durante il soggiorno di Natalia Ginzburg a Londra e uscito per la prima volta nel 1961, è racchiuso il senso delle storie di famiglia: la presenza degli anziani e il venir su dei giovani, quel loro crescere diversi da quanto ci si sarebbe aspettato, l'allacciarsi e il mutare degli amori, delle amicizie e delle antipatie, tutte cose che l'autrice esprime con un ardore senza uguali e un'assorta caparbietà, quasi per sottrarle alla devastazione e alla perdita. Come in una lunga saga familiare i personaggi e le vicende si svelano con uno stile spoglio, senza una riga di commento o giudizio o introspezione. È il modo di raccontare della Ginzburg, fedele al rigore delle notazioni oggettive, attento a riportare le battute di un dialogo, la cadenza di una frase.
L'edizione è corredata da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Le voci della sera (Einaudi, 2015) uscito per la prima volta nel 1961 della scrittrice Natalia Ginzburg pone sotto la lente d’ingrandimento la famiglia e le sue relazioni. La società e le sue aspettative sociali. Romanzo di gesta e di sottrazione del pensiero, narrato in prima persona ci fa immergere nell’egoismo di ciò che si vorrebbe per noi a dispetto di ciò che l’io individuale vorrebbe perseguire. La voce narrante è Elsa che scrive in prima persona – che potrebbe essere l’alter ego della scrittrice – che narra, racconta, invade, ma non di sé, di ciò che la circonda, di come va il mondo. Elsa è taciturna e da attenta osservatrice preferisce analizzare la realtà al di fuori da sé più che mettersi a nudo. Romanzo che vinse il Premio Strega nel 1961 risulta piacevole e sempre godibile, dove la malinconia, le difficoltà dei sentimenti e dei rapporti amorosi e la famiglia d’origine ne segnano le coordinate di lettura.
Le voci della sera è un breve romanzo della Ginzburg del 1961, che dunque precede di due anni l’acclamato Lessico famigliare. È una storia corale e al tempo stesso di individualità, o meglio di solitudini, dove ognuno si rifugia nella “comfort zone” delle azioni quotidiane, nei gesti ripetuti e in semplici pensieri. Accade davvero poco, in effetti, tra affari di famiglia e questioni di cuore. Pian piano emerge la storia – si direbbe liaison – tra Elsa e Tommasino, due solitudini che si incontrano per un breve tempo, e che simboleggiano questo continuo movimento di azioni e pensieri. Nella bella introduzione al libro, Italo Calvino scrive che Le voci della sera “è una storia di persone che cercano di sotterrare i pensieri, d’identificarsi soltanto nei gesti che compiono e nelle parole che dicono e finiscono per ritrovarsi strette in una morsa di assurdità e dolore”. Libro breve, dunque, estremamente asciutto nei mezzi espressivi, ma proprio in questo consiste (ancora Calvino) la tensione poetica dell’autrice, le cui frasi semplici, elementari, “riescono a contenere un rapporto col mondo esterno fatto di affetto, di stupore, d’ironia, di senso della limitatezza propria e di ciascuno, del ripetersi dei gesti e delle ore e del fluire della vita, di felicità a ogni momento possibile e a ogni momento sfuggita”.
Natalia Ginzburg afferma di aver amato i personaggi di questo libro «come fossero veri». E a ragione: con la sua scrittura magistrale li ha davvero resi reali, al punto che pare di vederseli materializzare davanti agli occhi, con i loro difetti, che più dei pregi li rendono unici, riconoscibili, ma soprattutto umani. I dialoghi sapientemente costruiti sono come finestre che affacciano sul loro mondo, e permettono al lettore di assistere alle scene, di figurarsele senza sforzo alcuno. L’autrice ha una innata capacità di narrare in maniera essenziale, semplice ma profonda, di rivelare l’animo umano attraverso i gesti e le parole. Avrei voluto che “Le voci della sera” non finisse mai, però al tempo stesso ammiro la maestria nel dire (e trasmettere) così tanto in così poche pagine. Bellissima anche l’introduzione di Calvino, un’analisi puntuale di questo piccolo (per la brevità, ma in verità grandissimo per il valore) gioiello della nostra letteratura.
Recensioni
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Ma perché abbiamo sciupato tutto, tutto?
È questa la domanda che si ripetono i personaggi de Le voci della sera di Natalia Ginzburg.
Se la pongono le donne, nello specifico, che si ritrovano davanti alla fine di relazioni costruite con fatica.
Perché con fatica? Perché le relazioni nascono magari in maniera spontanea, spinti dal desiderio carnale, o dalla passione o dall’attrazione mentale.
Ma poi, si giunge alla deriva. E la deriva si ha quando una relazione inizia a ristrutturarsi seguendo i tasselli del “dover fare” imposti dalla società.
Regole che impongono e che soffocano. Che ci portano a sciupare tutto.
Le voci della sera (154 pagine, 10 euro) è un romanzo breve, edito da Einaudi, in cui chi ha già letto i primi romanzi di Ginzburg ritrova le sue narrazioni inconfondibili dei nuclei familiari, delle loro dinamiche, delle loro peculiarità, detti, modi di dire, bizzarrie.
È così che scorre la prima parte del libro: è stato, per me, un tuffo nei miei quindici anni, quando avevo letto Lessico Famigliare. È quindi un ritrovare quei ritratti, fatti a parole, di padri e figli, mogli e nonne, e del patrimonio affettivo e materiale che lasciano.
La seconda parte del libro, invece, è uno schiaffo. È un pugno allo stomaco. È uno spintone che non ci aspettiamo di ricevere alle spalle, all’improvviso. Uno spintone che ci sveglia e ci fa vedere che siamo lì, in bilico, in un equilibrio precario.
Abbiamo costruito tanto, ma era veramente questo ciò che volevamo? O abbiamo costruito ciò che ci è stato richiesto dalle aspettative, da percorsi già segnati e bollati come “normali, giusti, corretti”? E cosa e quanto abbiamo sacrificato, “sciupato”, per adeguarci a certe etichette?
È questo che ci chiediamo, appena abbiamo terminato Le voci della sera.
Con la metafora di una storia d’amore che nasce spontaneamente, senza regole e fuori dai canoni della rispettabilità, e che si evolve seguendo i canoni imposti, Natalie Ginzburg ci trascina a porci questa domanda.
Quando siamo liberi? E abbiamo la forza di liberarci?
Se si, come?
E se scegliamo di liberarci da ruoli imposti, quanto e come veniamo (ri)accettati dal contesto che abbiamo tradito?
Natalie Ginzburg risponde a tutto questo. Senza veli. Senza inganno, senza addolcire nulla.
Ci mostra come tutto ciò che c’è di autentico rischia di perdersi e sciuparsi cercando di inseguire il giusto, più che la vita autentica.
Recensione di Grazia La Paglia
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