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Pubblicato a Roma nel 1510, l’"Itinerario nello Egitto, nella Surria, nella Arabia Deserta e Felice, nella Persia, nella India e nella Etiopia" di Ludovico de Varthema conobbe uno straordinario successo fra Cinque e Seicento, fu stampato in tutta Europa e si può dire in tutte le lingue europee e arrivò a circa cinquanta edizioni. Le preziose informazioni di prima mano che Varthema riportò dal suo lungo peregrinare in Medio Oriente e nelle Indie gli valsero il cavalierato da parte del re del Portogallo che in quegli anni perseguiva una “spregiudicata politica coloniale” lungo le rotte dell’Oceano Indiano. Vine pubblicata qui la prima parte dell’Itinerario, relativa al viaggio in Medio Oriente. Le informazioni su Ludovico de Varthema sono piuttosto scarse. L’autore si dichiara talvolta romano talaltra bolognese, come si definisce nel suo volume e come viene indicato nell’atto in cui il re Manuele di Portogallo lo nomina cavaliere. Alcuni storici portoghesi ci informano del suo arrivo a Lisbona e poi a Roma e di un soggiorno a Venezia dove tenne una conferenza sugli usi e costumi dell’India davanti ai notabili cittadini. Per il resto la sua vita resta immersa nel mistero.
Recensioni
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Fin dal tempo di Erodoto, la tradizione del racconto d'Oriente ha seguito una particolare teoria estetica, in base alla quale il verosimile non è ciò che, pur senza essersi verificato, avrebbe potuto accadere, ma ciò che più si allontana dall'esperienza comune. Siccome la cultura europea ha spesso dipinto l'Oriente come una terra di meraviglie, anche il viaggiatore più onesto, per non passare per bugiardo, si trovava a dover mentire ogni volta che non ne vedeva. È quello che accadde anche a Ludovico de Varthema, avventuriero, nato forse a Bologna, che verso la fine del 1502 lasciò l'Europa per l'Egitto e da lì, fingendosi maomettano, si spinse verso l'Arabia, diventando uno dei primi europei a vedere La Mecca. Più avanti, smascherato e imprigionato ad Aden, supplicò clemenza prima al sultano locale, irremovibile, e poi alla sua regina, che lo fece liberare. Varthema ripartì allora verso più lontani orizzonti: l'Etiopia, la Persia, l'India, Giava e poi di nuovo l'India, dove trovò infine dei portoghesi che lo riportarono in Europa. Avendo scoperto che le sue esperienze potevano farlo ricco, girò di corte in corte per raccontarle, e nel 1510 scrisse questo prezioso Itinerario, ripubblicato oggi da Skira, che per molto tempo è stato accreditato come fonte attendibile sui costumi dei popoli dell'Asia. Vi si scoprono storie di spassosa bizzarria: un bestiario di animali inesistenti, come i gatti maimoni di Aden; immaginose descrizioni di battaglie mai avvenute tra i mori e l'esercito del Prete Gianni; l'assicurazione che il mar Rosso non è davvero rosso, ma fatto d'acqua come i mari occidentali, e quindi navigabile. Invenzioni che lasciano appena intravedere i luoghi lontani che dovrebbero descrivere, ma che provano per l'ennesima volta come le esplorazioni geografiche della prima modernità siano state prima di tutto delle straordinarie avventure dell'immaginazione.
Luigi Marfè
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