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Siamo a Mondello, in Sicilia, dove i colori del mare, i suoni della lingua si mischiano agli umori dell’anima. È tutta una gioia ed un tormento. Nulla avviene per caso e ad ogni sbrilluccichio degli occhi si mescola un affanno del cuore. Ninfa, la protagonista, è segnata dal destino che le scorre nelle vene come sua nonna Dorina. Ha nove anni, Ninfa, quando inizia il suo apprendistato di Punitrice. Una dinastia la sua che si tramanda da nonna a nipote per punire i cattivi, per cercare la verità, per portare felicità o sventura. Sono attente, oculate, si muovono senza esser viste, si fanno invisibili, raccolgono informazioni per conoscere esattamente i fatti e non sbagliare la loro punizione. Ninfa, una ragazzina magra, scura e spigolosa. Per tutti è “lo stecco” o una “cosa sicca”. È sveglia, intelligente, vispa, sensibile e perennemente innamorata di Nino o “palla“ che non ricambia il suo amore. Stanno sempre insieme, ogni estate. Lei sbava per lui e lui per Barabara, una ricca ragazza bionda che pare un angelo. Ninfa impara dalla nonna il potere delle erbe, le riconosce e ha la capacità di ascoltare raccogliendo così l’eredità di famiglia, di diventare una punitrice. Lei sarà l’ultima. Un romanzo forte L’ultima punitrice. Si parla anche di amore omosessuale e della vergogna di dichiararlo e del coraggio di essere quello che si è perdendo la propria libertà, ma non quella della coscienza come Marlene. Marlene in realtà si chiama Pippo Sciortino, era convinto di essere il clone di Marlene Dietrich. Si vestiva e si sentiva donna, a tutti gli effetti e per questo è finita in manicomio. Si raccontavano tante cose su di lei e non si capiva più che cosa fosse vero e che cosa un mistero. Il tempo per Marlene si è fermato quando ha messo piede in manicomio ed il suo boa di piume le ricordava che si può scegliere nella vita. Uno non è pazzo perché è diverso. E la prosa di Maria Tronca ci fa sentire vicini, tutti.
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