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In questo libro, tra futuristi e futurocrati, feste dell'Età del Jazz e odierni aperitivi, fra esplosioni di rabbia sociale e intelligenze artificiali, le storie e le domande rimbalzano da un secolo all'altro. Ci dicono tutta l'ansia e la meraviglia di svegliarsi negli anni Venti. E di vivere il proprio tempo, nonostante tutto, come un'avventura irripetibile.
«Un viaggio dai primi del Novecento a oggi seguendo le tracce di Gobetti, Kafka e Kiki de Montparnasse. Spiriti (diversi) dei tempi in un percorso costellato da stravolgimenti tanto veloci quanto inimmaginabili» - La Stampa, Tuttolibri
Un secolo fa, con una guerra mondiale e una grande epidemia alle spalle, il mondo ruggiva festoso, ignaro delle nubi che si addensavano all'orizzonte. Gli anni Venti arrivavano carichi di promesse e di minacce. Ecco che tornano, in un paesaggio stravolto e indecifrabile. Le decadi, diceva Hemingway, finiscono ogni dieci anni, mentre le epoche possono finire in qualsiasi momento. Contare il tempo è una questione tutta umana e i calendari non sono altro che lo specchio delle nostre attese, del nostro bisogno di archiviare e progettare. Ma che cos'è un passaggio d'epoca? Come si riconosce? Chi lo decreta? Fra Monaco e Copenaghen, Vienna e Pechino, Paolo Di Paolo ci conduce in una sorta di corridoio spazio-temporale tra due secoli, in compagnia di scrittori e artisti che hanno colto lo spirito e le inquietudini del tempo, gli istanti in cui si intravede la nascita del futuro o gli ultimi bagliori di un mondo che tramonta. I protagonisti sono uomini e donne alla prova del cambiamento, in una società che reinventa valori e confini, alimentando eterni desideri. I maniaci dei selfie che affollano Rue Crémieux a Parigi, esasperando i residenti, non sono forse gli epigoni di una giovane fotografa, Claude Cahun, che cent'anni prima realizzava autoscatti provocatori? E quei «conflitti insensati», le reazioni «furibonde e sguaiate» che avvenivano ogni giorno «sotto gli occhi delle autorità» nel sanatorio raccontato da Thomas Mann, non riflettono esattamente ciò che accade sui social? Franz Kafka lamentava il «rapporto spettrale» fra gli individui, ma non è mai stato su WhatsApp. In questo libro, tra futuristi e futurocrati, feste dell'Età del Jazz e odierni aperitivi, fra esplosioni di rabbia sociale e intelligenze artificiali, le storie e le domande rimbalzano da un secolo all'altro. Ci dicono tutta l'ansia e la meraviglia di svegliarsi negli anni Venti. E di vivere il proprio tempo, nonostante tutto, come un'avventura irripetibile.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Esigue suggestioni sul filo del tempo, danzando tra gli anni venti del novecento e quelli degli anni duemila. I riferimenti al passato appaiono più vivi e significativi di quelli del presente, che sembrano abbozzi di pensieri incerti, dubbiosi, confusi. Insomma del presente non ci si capisce niente, se non per pezzetti, e il passato con le sue figure dominanti (Kafka, Mann etc) continua a schiacciarci. Più un tentativo di libro che un libro riuscito.
Non è un romanzo e nemmeno un saggio allo stato puro, ma un caleidoscopio di pensieri, riflessioni, domande che l'autore avanza, mettendo a confronto gli anni Venti del Duemila con quelli del secolo scorso. Anni che hanno in comune l'esperienza di una crisi mondiale, (la Grande Guerra e l'attuale pandemia), con tutto il carico di tragiche conseguenze che ciò comporta. Devono fare i conti con i cambiamenti, le promesse mancate e la rabbia sociale. È un affascinante viaggio spazio-temporale, in cui l'autore si muove agevolmente per "incontrare" i suoi amati scrittori (Hemingway, Mann, Kafka e molti altri) e adottarli come guide spirituali per affrontare il "tempo inquieto" in corso.
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