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Circa 340 anni dopo essersi lasciati al termine di quattro giorni dedicati a quei dialoghi «sopra i due massimi sistemi del mondo» trascritti poi da Galileo nel più celebre dei suoi testi, Sagredo, Salviati e Simplicio sentono la necessità di trovarsi ancora una volta per quattro giorni a discutere. Ma il tema ora non sarà più dato dal conflitto fra sistema tolemaico e sistema copernicano, bensì dalle sconcertanti e apparentemente inconciliabili novità proposte da una nuova visione del mondo, la meccanica quantistica. Molto c’è, di fatto, da chiarire. Intanto quelle novità sembrano essersi imposte quasi a dispetto delle intenzioni coscienti di alcuni fra i maggiori loro scopritori (basti pensare a Planck). Inoltre la problematicità della visione quantistica, come emergerà in queste quattro giornate dallo scontro fra Salviati – portavoce di Jauch stesso – e Simplicio – ora non più aristotelico, bensì materialista dialettico, cioè garante di una ontologia conservatrice e inadeguata rispetto alle «nuove scienze» –, consiste appunto in una assenza di visione: non è più possibile immaginare, nel senso etimologico, la realtà fisica quando si considerino oggetti molto piccoli. Ed è questa forse la difficoltà principale per il comune buon senso di afferrare l’essenza dei fenomeni quantistici. Infine esistono certi fatti reali – per esempio i risultati incontrovertibili di alcuni esperimenti – che sono in contrasto stridente con altri fatti altrettanto incontrovertibili: il ‘funzionamento’ certo e quotidiano della nostra strutturazione corrente (e coerente?) del mondo. Su tutto questo la disputa è oggi apertissima, anzi si direbbe che le ragioni di dissenso sulle varie possibili soluzioni, e anche sulla possibilità stessa di una soluzione, si siano complicate e approfondite ulteriormente con le scoperte degli ultimi anni. In breve, la scienza ‘fondamentale’, la fisica, oggi non riesce più a dare un’immagine unitaria di se stessa.
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